Il 24 febbraio, Infarm, azienda berlinese fondata nel 2013 da Osnat Michaeli e dai fratelli Erez e Guy Galonska, specializzata nell’urban farming e nelle coltivazioni verticali, ha lanciato un innovativo e altamente tecnologico centro di produzione e distribuzione (nella formula “all in one”) che ha la particolare caratteristica di essere modulare.
In sole sei settimane possono esse costruiti moduli (sia produttivi che distributivi) di 25 metri quadri di superficie e con un’altezza che varia dai 10 ai 18 metri, in grado di produrre con un’efficienza fino a 400 volte superiore rispetto alle equivalenti produzioni a terra.
Il progetto di Infarm nasce da una visione del mondo produttivo che guarda alla sostenibilità delle forniture agricole e si basa su una combinazione di tecnologie: dal Cloud ai Big Data, all’Internet of Things (IoT).
Sono già aperti i cantieri (che chiuderanno entro l’anno) per sviluppare mega serre (più moduli) per l’approvvigionamento orticolo metropolitano a Londra, Parigi, Copenaghen, Toronto, Vancouver, Seattle e Tokyo. Entro il 2025, l’obiettivo dell’azienda è di installare altri 100 centri di coltivazione, equivalenti a 1,5 milioni di metri quadri di terreno agricolo per produrre 450 milioni di piante in tutta la rete anche attraverso l’espansione verso nuovi mercati.
Tra i big retailer che già fanno parte della rete di Infarm figurano: Empire Company Ltd (Safeway, Sobeys, ThriftyFoods), Whole Foods Markets, Marks & Spencer, Kroger, Kinokuniya, Aldi, Amazon, Auchan, Casino, E. Leclerc, Edeka, Intermarché, Irma, Kaufland, Metro, Migros, Selgros, Summit, che hanno realizzato i “growing center” di Infarm in Germania, Canada, Danimarca, Francia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Svizzera.
In soli otto anni di vita, l’azienda tedesca è operativa con le sue soluzioni tecnologiche in 10 Paesi, 30 città e migliaia di punti vendita. L’ultimo nato da questa fabbrica di tecnologia applicata all’agricoltura è appunto il growing center modulare che rappresenta contemporaneamente sia un hub di produzione che di distribuzione. Si tratta di un sistema produttivo ultra-sostenibile, iper tecnologico e facilmente riproducibile su larga scala dal momento che ci vogliono solo sei settimane per installarlo e renderlo operativo.
“L’accesso a cibo fresco, locale e sostenibile è una sfida crescente – afferma Erez Galonska, co-fondatore e CEO di Infarm – poiché le persone si spostano verso le città e il cambiamento climatico accelera. Oggi stiamo accelerando lo scale-up del nostro modello con una nuova tecnologia che ci consente di sviluppare un growing center in qualsiasi città del mondo in una frazione del tempo minima, in poco spazio e con un investimento di capitale che non differisce dalla maggior parte delle soluzioni agricole odierne su larga scala”.
L’intera rete Infarm è collegata a un ‘cervello’ agricolo centrale in grado di raccogliere ed elaborare decine di migliaia di dati sulla crescita, il colore e lo spettro delle piante durante il loro ciclo di vita.
“Finora abbiamo raccolto più di 300 miliardi di data-points in tutta la nostra rete agricola. Questi dati ci consentono di perfezionare le nostre tecniche di coltivazione e migliorare la resa, la qualità e il valore nutritivo dei prodotti, riducendo costantemente il prezzo di produzione”, precisa Galonska.
Un sistema produttivo così capillare può arrivare ad integrare unità agricole in grado di risparmiare, ciascuna, fino a 10 milioni di litri di acqua all’anno, rispetto all’agricoltura a terra per colture simili, e fino al 40% di energia. Risparmi che avvengono attraverso un sistema di agricoltura meccanica automatizzato e controllato dal cloud; impostazioni ambientali (come CO2, temperatura, luce, pH e cicli di crescita) pre-impostate, monitorate e analizzate online in tutte le aziende agricole; il riciclo di 20 litri di acqua di condensa all’ora; la gestione intelligente dei LED che contribuisce fino al 40% di risparmio energetico e fino al 25% di risparmio sull’investimento iniziale.
“In pratica – afferma Galonska – usiamo il 95% in meno di acqua, il 90% in meno di trasporti e zero pesticidi chimici rispetto all’agricoltura a terra, con la maggior parte dell’elettricità impiegata derivata da fonti rinnovabili. Ad oggi la rete Infarm ha risparmiato oltre 40 milioni di litri di acqua e 50mila m2 di suolo”.
L’industria della coltivazione indoor ha visto recentemente grande attenzione e crescita guidata da diversi fattori, non da ultimo l’impatto del Covid-19, che incidono sulla domanda dei consumatori. Le startup di agricoltura indoor stanno adottando un’ampia varietà di approcci per portare le verdure ai consumatori: dalle insalate confezionate di marca alle collaborazioni con i principali negozi di alimentari alle unità di coltivazione in casa. Infarm sta rompendo gli schemi optando per un approccio decentralizzato per l’agricoltura verticale. Invece di costruire impianti di produzione centralizzata su larga scala come ha già fatto la startup AppHarvest del Kentucky e la startup di agricoltura verticale Plenty, lavora su unità modulari collegate ad un unico cervellone agricolo centrale, con l’obiettivo di diventare la più grande rete agricola al mondo.
Per queste sue caratteristiche, Infarm è una delle startup di agricoltura indoor più finanziate di sempre. Ha già raccolto 170 milioni di dollari per il primo closing che risale al settembre 2020, portando il suo finanziamento complessivo totale a oltre 300 milioni di dollari (coperto anche con capitale proprio).
Mariangela Latella
(fonte: Freshcutnews.it)