UVA, IN PUGLIA STORICO SORPASSO DELLE SEEDLESS. SUGLIA: “VOLUMI IN NETTO CALO MA QUALITÀ STRAORDINARIA”

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In luglio il Comune di Noicàttaro ha lanciato un segnale a tutto il mondo dell’uva da tavola pugliese col progetto ‘Regina di Puglia’: i Comuni del Barese e del Tarantino si sono uniti – assieme alla Regione e alla Città metropolitana di Bari – per promuovere e valorizzare l’eccellenza produttiva e sostenere le imprese.

L’APEO – Associazione Produttori Esportatori Ortofrutticoli – con circa 100 organizzazioni ortofrutticole tra le più importanti della Puglia, era in prima linea . Col presidente Giacomo Suglia (nella foto), facciamo il punto sulla campagna uva 2023.

 

A che punto siamo?

“Diciamo che abbiamo superato la fase delle primizie e siamo nella seconda fase quella delle varietà medio e medio-tardive”.

Quale giudizio complessivamente si può dare finora?

“La qualità è stata davvero buona, una delle migliori campagne degli ultimi anni anche dal punto di vista fitosanitario, nutrizionale e di bellezza dei grappoli. Dal punto di vista quantitativo i volumi sono stati più scarsi anche del 35-40% per motivi climatici legati al maltempo di primavera. Questo ci ha permesso di spuntare prezzi migliori del 2022, anche se nei bilanci delle aziende il calo produttivo si sente, eccome. C’è poi da tenere presente che molte aziende, visto il deludente bilancio degli anni scorsi, hanno fatto altre scelte colturali, quindi abbiamo perso superfici. Quest’anno davvero la qualità è eccezionale: ad esempio per l’uva Italia è la campagna migliore degli ultimi 10 anni”.

La novità della campagna 2023?

“La vera novità di quest’anno è stato il sorpasso delle uve senza semi sulle varietà coi semi. Se fino all’anno scorso stavamo 50 e 50, quest’anno le seedless hanno raggiunto il 55-60% del totale produttivo qui da noi in Puglia. In Sicilia dominano invece ancora le varietà col seme per motivi climatici”.

L’uva da tavola è il secondo campione del nostro export dopo le mele. Quest’anno come andrà?

“Siamo molto preoccupati per il forte calo dei consumi in Italia e in Europa, particolarmente evidente da Ferragosto in poi. Speriamo piuttosto che il clima sia favorevole per il resto della campagna: dobbiamo sempre ricordare che la nostra è una industria a cielo aperto. La tecnica, la professionalità, la dedizione servono, ma abbiamo bisogno che il cielo non sia troppo ostile, altrimenti sono guai seri”.

Torniamo sull’export, che previsioni fate?

“Il primo semestre dell’export italiano in generale è abbastanza deludente. Parlando di uva scontiamo le minori quantità prodotte, quindi sul prodotto esportato i prezzi sono un po’ migliorati rispetto all’anno scorso. Il mercato tedesco resta il primo mercato col 30-35% di quota, segue la Francia col 18-20%. La recessione in Germania ci preoccupa molto, il mercato tedesco ci condiziona molto”.

Quale sarebbe un mercato importante da aprire per la nostra uva?

“Beh la Russia l’abbiamo persa dal 2014, e non è stata rimpiazzata. Sarebbe importante aprire mercati lontani come Cina e India, Paesi che con la loro popolazione sono in grado di fare la fortuna di un prodotto. Purtroppo in Europa in Italia è facile entrare, invece non è vero il contrario. Per esportare in quei Paesi bisogna aprire un dossier per volta, tra mille problemi burocratici e anni di attesa. Così noi che siamo un Paese produttore green, con mille certificazioni, vediamo entrare prodotti che nessuno sa come sono stati coltivati, da chi sono stati raccolti ecc. In questi accordi internazionali sarebbe decisivo l’intervento della politica, che però vedo che latita”.

Lorenzo Frassoldati

l.frassoldati@alice.it

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