UN “SEGNO” CHE AIUTA, MA LE IMPRESE HANNO BISOGNO D’ALTRO

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Non un marchio, ma un ‘segno’. Il che è una buona notizia perché di un altro marchio nessuno sentiva la necessità. Il nuovo logo unico distintivo del made in Italy agroalimentare presentato dal ministro Martina (una bandiera italiana con tre onde e sotto la scritta “THE EXTRAORDINARY ITALIAN TASTE”) sarà utilizzato (parole del Ministero) “in occasione delle fiere internazionali, in attività di promozione all’interno dei punti vendita della grande distribuzione estera, nelle campagne di comunicazione e promozione in Tv, sui media tradizionali, su Internet e sui social media.

Un segno unico utile per veicolare un’idea unitaria del Made in Italy…nelle fiere, ad esempio, servirà a caratterizzare in modo univoco l’area espositiva dedicata all’Italia del cibo e del vino”. Non essendo un marchio, non verrà apposto sui singoli prodotti, ma servirà appunto a indicare che sotto quella bandiera c’è il vero made in Italy. Il che presuppone, ad esempio alle fiere, che tutta l’Italia stia in un’unica area espositiva, il che non sempre avviene. Pensiamo ad esempio a Fruit Logistica dove la presenza italiana è frammentata e dispersa in più padiglioni.

Poi si tratta di capire chi gestirà questo segno: il ministero? L’Ice? Qualche dubbio operativo è legittimo, però l’operazione in sé è positiva perché punta a rendere riconoscibile il made in Italy sui mercati internazionali e nella Gdo straniera, ad esempio negli Usa, contrastando l’italian sounding. Si tratta di spendere bene i 70 milioni (in 3 anni) previsti dal piano per l’internazionalizzazione sui mercati strategici facendo squadra e non disperdendo le risorse. L’obiettivo è di portare il nostro export agroalimentare fino a quota 50 miliardi nel 2020 dai 34 del 2014. Un bel salto. Questo ‘segno’ aiuterà ma, come dire, le imprese che esportano hanno bisogno di interventi più di sostanza: snellire la burocrazia, dogane più efficienti, logistica, energia, credito d’imposta, aiuti per creare piattaforme distributive all’estero, lavoro diplomatico e sostegno dalle istituzioni per aggredire i mercati più lontani. Vino e ortofrutta trainano il nostro export agroalimentare, ma nessuno può dire fino a quando durerà il ‘momento magico’ sui mercati esteri. Meglio attrezzarsi finchè siamo in tempo.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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