TRA EXPO E FRAGOLE C’È DI MEZZO… LA GDO

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Su Italiafruit.net Marco Salvi chiede con sacrosanta ragione un cambio di passo alla Gdo nella gestione del prodotto fragola con più attenzione al prodotto italiano rispetto a quello spagnolo. Il numero uno di Salvi-Unacoa sollecita anche una maggiore collaborazione nella filiera e una più equa ripartizione del valore.

Gli fa eco Carmela Suriano, la signora della Candonga: “La Gdo italiana ha reso la fragola una commodity, con grave danno per la fragolicoltura nazionale e i consumatori che non trovano in molti super e ipermercati il prodotto italiano”. Si bada solo al prezzo per vendere di più: “Invece il consumatore chiede più qualità, intesa innanzitutto come salubrità, sapore e shelf life". Mentre veniamo sommersi da una valanga di chiacchiere sui massimi sistemi alla vigilia di Expo su Carta di Milano, diritto al cibo, biodiversità, lotta allo spreco, grandi questioni geopolitiche, ecc, e mentre in tv l’immagine dell’agroalimentare nazionale viene riassunta dagli uomini del vino (potenza di chi investito di più…) il comparto ortofrutta -secondo campione nazionale di export e primo se consideriamo il trasformato – è alle prese con i soliti problemi di sempre. Il prezzo, il reddito dei produttori e delle strutture di commercializzazione, la valorizzazione del prodotto nazionale, le politiche della Gdo.

Già la Gdo, siamo sempre lì: principale acquirente del sistema ortofrutta Italia, e principale canale di vendita e dialogo col cittadino-consumatore. A volte lavora nell’interesse della filiera e del made in Italy, a volte lavora solo nel suo interesse e magari fa cartello sui prezzi per spaccare il mercato. A volte eleva un prodotto a speciality (perché gli conviene) a volte lo degrada a commodity (sempre per convenienza). La Gdo è come la Borsa, ogni giorno fa storia a sé. Ai convegni si dicono tante cose, si racconta la fava e la rava, si lanciano ‘patti’, si auspica collaborazione, a volte la si fa anche – limitatamente a qualche prodotto e in determinate fasi di mercato – ma alla fine della giostra le chiacchiere stanno a zero e ognuno tira l’acqua al suo mulino e chiude i suoi conti, possibilmente in attivo. Il mondo produttivo-commerciale non può che lanciare “auspici”.

Chi può intervenire e orientare le politiche della Gdo? Nessuno, tranne la Gdo stessa. La politica, le istituzioni (Regioni) a volte timidamente ci provano poi capiscono che c’è solo da bruciarsi le mani e si ritraggono. La Gdo va per conto suo e quasi sempre ignora anche i tavoli interprofessionali, che già di suo in Italia non sono un buon esempio di funzionamento, quasi sempre boicottati anche dalle organizzazioni professionali agricole. E allora? Per il cambio di passo auspicato da Salvi servirebbe una cabina di regia dove tentare di far coincidere gli interessi della Gdo e quelli del sistema ortofrutta Italia… una impresa quasi disperata, alla luce del fatto che il sistema ortofrutta Italia è tutto tranne che un ‘sistema’. E per diventarlo dovrebbe dotarsi di una sua propria cabina di regia che non solo non c’è ma che ormai è un obiettivo uscito dal radar dei protagonisti del settore.

 

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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