TORNA LA FIERA DEL PEPERONE DI CARMAGNOLA

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Molte cose in agricoltura cambiano, non foss’altro che per il cambiamento climatico, ma in Piemonte si perpetua la tradizione quasi secolare del Peperone di Carmagnola, oggi coltivato su 150 ettari circa in provincia di Torino, grazie all’impegno delle 40 aziende agricole che fanno parte dell’omonimo Consorzio.
Una produzione di nicchia, che continua ad essere particolarmente apprezzata dal mercato e che ogni anno arriva in breve tempo al “tutto venduto”, anche perché sostenuta dalla Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola, quest’anno giunta alla edizione numero 72, in svolgimento dal 2 al 10 settembre e che culmina, da tradizione, nella Gara del Peperone, un concorso che premia i prodotti più grandi e più belli.
“Quest’anno – spiega al Corriere Ortofrutticolo Domenico Tuninetti, presidente del Consorzio del Peperone di Carmagnola – la produzione è stata colpita, dopo un avvio regolare, da veri e propri colpi di calore che hanno interrotto il naturale ciclo produttivo per una ventina di giorni, privandoci completamente del prodotto. Ripartiremo con la raccolta verso la fine di settembre”.
Un altro aspetto sottolineato da Tuninetti sono le difficoltà che si incontrano nel ricambio generazionale all’interno delle aziende agricole e nel reperimento della manodopera: “Senza i raccoglitori andiamo a rotoli. Dobbiamo contare sugli immigrati, in particolare nordafricani, in grado di lavorare anche nelle settimane di caldo proibitivo”.
Apprezzato per la particolare dolcezza e digeribilità, il Peperone di Carmagnola è il risultato di un metodo di produzione legato alle antiche tradizioni contadine, coltivato con il minimo uso di prodotti chimici e l’ausilio di insetti utili, nel rispetto delle rotazioni colturali. Le tipologie di peperone che compongono la proposta di Carmagnola sono cinque e per il 95% sono prodotte sotto serra: Quadrato, Corno di Bue, Trottola, Tomaticòt e Quadrato Allungato. Quest’ultimo, introdotto di recente, nasce come ibrido di un’antica varietà locale e rappresenta ormai il 70% della produzione complessiva. La varietà Corno, vero fiore all’occhiello, si fregia della qualifica di Presidio Slow Food.
Negli Anni Settanta le superfici dedicate superavano i 500 ettari, i prezzi all’origine erano remunerativi e non mancavano le richieste da parte delle industrie alimentari, come Ponti e Saclà, per la produzione di sott’olio e prodotti in scatola. Oggi si attendono risorse fresche per il rilancio.

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