TAVOLO ORTOFRUTTA, TEMA DI DISCUSSIONE SUI SOCIAL: “QUI TUTTI TIRANO A CAMPARE”

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Non ha tardato a suscitare diverse reazioni riguardo l’ultimo commento sul nostro sito del direttore del Corriere Ortofrutticolo Lorenzo Frassoldati (leggi i commenti qui), dedicato a quel Tavolo dell’ortofrutta annunciato mesi fa dal Mipaaf ma che ad oggi non è ancora stato istituito (leggi news). Commenti di condivisione delle parole del nostro direttore che, replicando, torna sul tema con un’altra riflessione che riportiamo qui sotto.

Cari amici, In Italia fare impresa, farla crescere, assumere gente, aprire tutti i giorni bottega è un mestiere da eroi. Tutti ti giocano contro, dai sindacati ai poteri locali al governo nazionale. Tasse, contro-tasse, un carico assurdo di burocrazia, leggi e regolamenti fatti apposta per metterti mille bastoni fra le ruote. Il mio editoriale sulla ‘inutilità’ del ministero agricolo era volutamente provocatorio. Però un ministro che ti promette un Tavolo di settore e poi non lo fa è francamente imbarazzante. Se poi pensiamo che il settore in questione è il secondo per importanza nell’export agroalimentare nazionale, l’imbarazzo raddoppia. Se poi pensiamo che il suddetto Martina non è il più impresentabile tra i ministri che negli ultimi anni si sono succeduti nel palazzo di via XX settembre a Roma, l’imbarazzo triplica. Anni fa fummo chiamati ad abolire per referendum il ministero dell’Agricoltura; lo facemmo poi il ministero cambiò nome e ce lo ritroviamo ancora lì. L’Italia è proprio il Paese del Gattopardo, tutto cambia perché tutto resti come prima. All’estero, in Spagna o in Francia, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di abolire il ministero agricolo, per un semplice motivo: perché là il ministero “serve”. Serve alle imprese, serve al sistema Paese. Qui da noi serve?

Negli ultimi anni la poltrona ministeriale di via XX settembre è stata buttata come un osso alla fine delle trattative di governo per accontentare questo o quel partito bisognoso di visibilità. Martina era sottosegretario con delega all’Expo. Dato che l’Expo ha funzionato l’hanno fatto ministro. Poi si è lanciato in politica a fianco di Renzi, adesso è vicesegretario del Pd e ha le sue belle gatte da pelare (e poco tempo per il suo mestiere vero, cioè il ministro). Ha fatto molto per il vino, dove si guadagna molta visibilità, anche se poi è scivolato sulle gestione dei fondi Ocm. Per il resto si è limitato a galleggiare, accontentando l’organizzazione che faceva la voce più grossa (Coldiretti) e che spaventava per la sua forza elettorale. L’ortofrutta per lui non esiste. L’ha delegata al volonteroso viceministro Olivero e al simpatico Luca Bianchi, dirigente ministeriale. In più l’ortofrutta è comparto frammentato e rissoso, dà solo grane, quasi ogni anno va in crisi con la frutta estiva, ti costringe a lavorare a Bruxelles. Insomma è un brutto cliente. Girano tanti soldi però ogni attore, ogni Op lavora per sé. Le Regioni poi vanno ognuna per conto proprio. L’export è una grande risorsa, ma anche un problema. Bisogna andare su mercati sempre più lontani e anche qui la politica, le istituzioni si dovrebbero dare da fare per accompagnare le imprese. Insomma solo grane e tanto lavoro. L’apparato ministeriale, la burocrazia, cioè chi davvero comanda in via XX settembre, penserà: “ma chi ce lo fa a fare?”.

Poi abbiamo il sospetto che le organizzazioni professionali (Coldiretti, Agrinsieme e appendici varie) non curino più di tanto l’ortofrutta perché qui c’è poco spazio di manovra, si fanno poche pratiche, i soldi vanno alle imprese, insomma l’organizzazione economica è autonoma e abbastanza matura.

E veniamo al sistema ortofrutta. Che non esiste. Le varie rappresentanze si trovano assieme solo nei momenti di emergenza, per il resto ognuno va per la sua strada. Queste sono poltrone neppure tanto ambite, danno – come sopra – solo grane. Gli uomini validi stanno ai vertici delle aziende e pensano soprattutto a quello. Nel mondo cooperativo, è vero, c’è qualche presidente di troppo, qualche poltrona data per meriti ‘politici’. Però sempre meno, perché le risorse scarseggiano anche qui. E poi non è il ministero il primo pensiero dei manager dell’ortofrutta, ma un’altra realtà molto più insidiosa ed efficiente: le catene della Gdo, i suoi buyer, quelli che decidono della vita e della morte delle imprese.

Questo è più o meno il quadro, da cui nasce la mia provocazione sulla presunta inutilità del ministero. Che resterà lì, fisso e immobile come il palazzone di via XX settembre, coi suoi dirigenti, consulenti e parassiti vari, per un semplice motivo: perché nessuno andrà sotto le loro finestre a protestare per mandarli a casa. Non ricordo una manifestazione di piazza del mondo agricolo contro il ministero, salvo una protesta anni fa a Bologna contro un ministro (De Castro) reo di avere fatto uno sgarbo alla Coldiretti. Per il resto silenzi e remissività. Cambierà qualcosa? Spero di sì ma credo di no. Questo è il Paese del tirare a campare.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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