“L’approccio della Commissione UE è semplicistico, elementare, ideologico e non scientifico. Una proposta che non sarebbe nemmeno dovuta partire”.
Alessandro Dalpiaz (nella foto), direttore di Apot e Assomela, nonché vice presidente del gruppo di lavoro ortofrutta del Copa Cogeca, non usa mezzi termini per definire l’approccio adottato dalla Commissione dell’Unione Europea che ha proposto di ridurre del 62% l’uso dei fitofarmaci in Italia. Una proposta bocciata senza appello praticamente da tutto il settore, con tanto di lettera inviata al Mipaaf da parte di Aci-Alleanza cooperative, Assomela, CSO Italy e Fruitimprese, che definisce la presa di posizione dell’UE inaccettabile (leggi news).
“Solo in Trentino per la frutta si perderebbero almeno 100 milioni di euro”
“Di fronte ad una situazione del genere credo non ci siano molte mediazioni da predisporre. Il settore deve opportunamente compattarsi perché il pericolo all’orizzonte è enorme”, premette Dalpiaz. “L’impatto sui territori sarebbe devastante. Seguendo le indicazioni proposte dall’UE – osserva Dalpiaz – non ci sarebbe solo un’enorme quantità di produzione agricola (e ortofrutticola) persa, oltre che un inestimabile valore perso, ma anche conseguenze nel tessuto occupazionale e sociale. Solo in Trentino – precisa l’esponente di Apot e Assomela – si perderebbero duemila ettari di superficie, tra l’altro con altre regioni che avrebbero perdite ancora superiori. In prospettiva, solo per la frutticoltura del Trentino, il 20% del totale significano oltre 100 mila tonnellate di prodotto, per un valore di 100 milioni di euro. Di questi 100 milioni, 50-60 milioni vanno alle 5 mila aziende e a 1.500 dipendenti.
“A rischio la biodiversità dei nostri prodotti”
“L’approccio della Commissione – ribadisce Dalpiaz – è elementare. Dividere i chili di prodotto venduto per la superficie agricola non ha senso. Ogni territorio ha le proprie caratteristiche peculiari. C’è il rischio di un indebolimento della biodiversità dei prodotti italiani. Il regolamento proposto dall’UE va rispedito al mittente. La proposta in sé è irricevibile per l’approccio ideologico da una parte e per i molti elementi di debolezza che la caratterizzano. Il nostro settore melicolo, ma non solo – aggiunge il direttore di APOT e Assomela – è totalmente contrario a questo modo di operare”.
Che fare quindi? “Dobbiamo sfruttare al meglio tutti i nostri contatti nazionali, europei e internazionali, attraverso il confronto con le varie organizzazioni europee e con la politica, per fare tutto ciò che è possibile fare per fermare questa proposta irricevibile”.
Il Copa Cogeca, ricorda inoltre Dalpiaz, ha stimato che, se i regolamenti dovessero rimane così come ora, per effetto delle aree dove non si potranno usare fitofarmaci, si perderebbero 25 milioni di tonnellate di cereali. “Qualcuno le produrrà comunque. Non è forse che attraverso questi provvedimenti UE ci sono altre intenzioni? Magari ritrovandoci un domani a mangiare cibo fornito da qualche multinazionale non europea”.
“Oggi abbiamo passato il limite. Bisogna permettere alla frutticoltura e al settore agricolo in generale di raggiungere gli obiettivi posti, sui quali nessuno è contrario, con i metodi e i tempi giusti. Imporre un taglio del 50% dei pesticidi entro il 2030 è semplicistico e inattuabile”.
Infine Dalpiaz fa un riferimento anche alla Farm to Fork, su cui, ricorda, “quando è stata presentata, non c’era alcuno studio d’impatto. Negli ultimi anni ne sono stati presentati sei, tutti con il segno “meno” per diversi settori come riduzione della capacità produttiva e della competitività del settore. Sei studi che mettono in evidenza le debolezze del piano europeo”.
“Pertanto – conclude Dalpiaz – considerati comunque condivisibili gli obiettivi finali, è indispensabile rivedere i metodi e le tempistiche di attuazione. In Europa ci sono 20 milioni di agricoltori che lavorano per 500 milioni di cittadini. Vogliamo mandarli a casa? La valutazione di impatto economico e sociale dove è? Come si fa a parlare di sostenibilità se non si tengono in considerazione anche questi fattori?”.
Emanuele Zanini
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