SULLE TEA SARÀ BATTAGLIA NEL PARLAMENTO UE PER RI-BILANCIARE LA PROPOSTA DI REGOLAMENTO SUI FITOFARMACI

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Le Nbt’s sono state sdoganate oltre vent’anni fa. Frutto di studi validati dalla comunità scientifica internazionale che, nel 2020, hanno portato anche all’assegnazione del premio Nobel per la Chimica a due ricercatrici, Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna.

Ma le New breeding techniques, tecniche di miglioramento genetico che ormai tutti gli agricoltori conoscono – almeno ne sentono parlare – di fatto non sono ancora applicabili in campo perché manca una legge che le autorizzi. Con buona pace della Commissione Europea, che deve intervenire in tal senso per non lasciare nel limbo milioni di produttori agricoli, ricercatori e operatori del settore agroalimentare dopo avere lanciato il New Green Deal.

Una sfida, un ‘patto’ con i consumatori per una filiera più verde e meno impattante sui terreni e sulla salute dei cittadini, che la stessa Commissione propose alla fine del 2019 con l’obiettivo di ridurre drasticamente l’uso di fitofarmaci di sintesi chimica.

Il target dell’esecutivo UE, ampiamente condiviso anche dai co-decisori – Consiglio e Parlamento – è dimezzare entro il 2030 l’impiego di questi prodotti attraverso la strategia ‘from Farm to Fork’ (dal campo alla tavola) per contribuire in modo decisivo alla transizione ecologica. Passare dall’uso del carbone, con annessi gas inquinanti, a energie alternative che prevedono anche tecniche di difesa e protezione delle colture agricole, finalizzate alla neutralità climatica entro il 2050.

Il problema non farebbe una grinza, se non fosse che l’alternativa – per legge – non è scritta. Mentre i nostri agricoltori – produttori di frutta, ortaggi, seminativi o altro, poco importa – si ritrovano a dover utilizzare i tradizionali presidi fitosanitari autorizzati dalla stessa Commissione. Praticamente un autogol.

Ora la proposta di regolamento presentata il 31 agosto scorso (in tandem con una valutazione d’impatto) non a caso, noi della commissione Agricoltura del Parlamento l’abbiamo definita ‘schizofrenica’. Proprio perché l’esecutivo Ue, da un lato, chiede agli agricoltori di produrre di più, derogando ai requisiti ambientali della Politica agricola comune per fare fronte alla crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina; dall’altro, cerca di imporre target di riduzione dei fitofarmaci del tutto irrealistici, e con impatti devastanti sulla capacità produttiva europea e la sicurezza alimentare globale.

Tutto questo senza considerare gli sforzi già fatti negli ultimi anni dai nostri agricoltori, che hanno portato a una significativa riduzione dei fitofarmaci utilizzati, e all’innalzamento della loro qualità, quasi azzerando gli impatti sulla salute dei cittadini.

Per questo siamo al lavoro per ri-bilanciare questa proposta, che al momento non tiene in considerazione gli impatti sulla produttività e sulla competitività del nostro settore agricolo, oltre che sui costi di produzione, e non offre agli agricoltori alternative concrete all’utilizzo di sostanze chimiche.

La strada è tracciata: serve un approccio pragmatico e realista che rimetta al centro gli agricoltori, supportandoli e offrendo loro tutte le opportunità che ci offre l’innovazione, dallo smart-farming alle nuove tecniche di miglioramento varietale, le Nbt’s (o TEA-Tecniche di evoluzione assistita, in italiano), per poter continuare a produrre in quantità adeguate, e allo stesso tempo in modo più sostenibile.

Il resto è affidato a una battaglia interna al Parlamento Ue. Con l’obiettivo intermedio di strappare l’esame di questa proposta di regolamento alla commissione Ambiente e approvarla nella sede più competente dell’Agricoltura.

Paolo De Castro
Europarlamentare, già ministro delle Politiche Agricole

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