SOPPRIMERE IL MINISTERO, PERCHÉ NO? PURCHÉ L’AGROALIMENTARE TROVI UNA CABINA DI REGIA ADEGUATA ED EFFICIENTE

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Spenti i riflettori di Fruitlogistica, vale la pena di fare due riflessioni sulla provocazione (?) della Lega Nord (leggi news) che ha presentato una proposta di legge per la soppressione del Mipaaf di cui risulta essere secondo firmatario Gianni Fava, oggi assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, quindi il numero 1 della agricoltura più grande del Paese.

“Una norma di civiltà che recepisce gli orientamenti dei cittadini che si erano già espressi per la soppressione 20 anni fa in un referendum”, spiega Fava al sito agricolae.eu. Secondo Fava il ministero dell’Agricoltura è “un lusso inutile dato che è la politica comune a dettare le linee e sono le Regioni a doverle applicare”. “Un orpello inutile che costa 1,3 miliardi di euro l’anno…Non serve, è inutile e dannoso”, incalza. “Le competenze devono essere assorbite dal ministero delle Politiche europee e la struttura dal Mise (questo perché il primo è senza portafoglio)”.

A difesa del ministero attuale non è insorto quasi nessuno, segno che “il re è nudo”, che la disillusione per le condizioni attuali del Mipaaf è tanta e molti condividono le conclusioni di Fava: “Certo così non si può andare avanti”. A Fava ha replicato Agrinsieme, cioè il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Aci-Alleanza delle cooperative italiane, con una timida difesa d’ufficio del ministero che “non deve essere cancellato. Deve, al contrario, essere adeguato ai grandi cambiamenti, allargandone, quindi, le competenze”. Serve un “dicastero per lo Sviluppo dell’Agricoltura e dell’Agroalimentare, in grado di promuovere strategie agroindustriali e sanitarie, con una visione anche internazionale del comparto”.

Chiariamo: l’attuale configurazione ministeriale risponde alla visione di una agricoltura di 30 anni fa, con l’aggravante di una lunga serie di ministri che sono passati per via XX Settembre così solo di ‘transito’, quasi sempre senza competenza alcuna e giusto per raccattare una poltrona considerata di serie B. Ovvio che la qualità e l’efficienza della azione ministeriale si sia degradata negli anni, mentre proliferavano clientele, incarichi ‘politici’, strutture semi-inutili create solo per alimentare una spesa clientelare. E intanto gli alti dirigenti della struttura si davano stipendi fra i più alti d’Europa, come ha documentato lavoce.info. Così tra scandali, inchieste, denunce di inefficienze, sprechi e malcostume siamo arrivati ai giorni nostri e “così non si può più andare avanti”.

Allora hanno ragione Fava e la Lega Nord? Non del tutto, primo perché la Lega ha avuto uno degli ultimi ministri agricoli, quindi deve fare autocritica pure lei. Poi perché la provocazione di Fava è strumentale alla linea d’attacco della Lega di lotta (e non più di governo) di Salvini che rispolvera ‘Roma ladrona’ e la macro-regione del Nord. Quando Maroni era ministro dell’Interno e Bossi vicepresidente del Consiglio nessuno si sognava di sparare su via XX settembre. Comunque cambiare idea è legittimo purchè col ministero non si butti anche l’agricoltura, meglio l’agroalimentare, perché il tema della competitività delle imprese e dell’export sono oggi decisivi per il futuro di un comparto secondo solo al manifatturiero nella classifica della ricchezza nazionale.

Quello che serve – e qui ha ragione Agrinsieme- è “un cambio di marcia nella politica agroalimentare per contribuire alla crescita del nostro Paese e alla valorizzazione del made in Italy”. Quindi vanno ripensati funzioni, ruoli e struttura del ministero, mettendo al centro di tutto le imprese e i loro problemi veri, concreti, senza bisogno di concertare all’infinito. E pazienza se domani ad occuparsi di tutto questo fosse un viceministro dello Sviluppo economico. Purchè prima che a difendere burocrazia e poltrone, si pensi a risolvere i problemi concreti e a difendere le produzioni e le imprese nazionali, il che è la stessa cosa, senza sperperare soldi in enti e strutture inutili. E col mondo agricolo in veste di inflessibile controllore esterno, con la schiena diritta, non coinvolto in mille botteghe o pasticci. Un ministero come cabina di regia dell’agroalimentare nazionale insomma: un sogno? Forse, ma una cosa è certa, “così non si può più andare avanti”.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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