“SOLO POMODORO DELLA PIANURA PADANA”: DIVAMPA LA POLEMICA SULLA PUBBLICITÀ DI POMÌ

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In molti lo avevano previsto. L’emergenza dei roghi e rifiuti tossici nella Terra dei fuochi finisce con il danneggiare senza distinzioni la produzione agroalimentare campana e apre la strada a una guerra commerciale. Al dramma si aggiunge la beffa per gli abitanti della regione. Il primo colpo chiaro arriva dal nord.

{}Sta scatenando polemiche, infatti, la campagna di comunicazione lanciata da una nota azienda di conserve e salse di pomodoro, la Pomì. La società ha pubblicato sulla hompage del proprio sito e sui social network l’immagine dello stivale con un un pomodoro piazzato al centro della Pianura Padana. Sopra campeggia la scritta "Solo da qui. Solo Pomì". Nelle note del manifesto si legge: "Pomì utilizza solo pomodori freschi coltivati nel cuore della Pianura Padana, a una distanza media inferiore ai 50 chilometri dagli stabilimenti di confezionamento".

Sulla pagina Facebook l’azienda precisa: "I recenti scandali di carattere etico/ambientale che coinvolgono produttori ed operatori nel mondo dell’industria conserviera stanno muovendo l’opinione pubblica, generando disorientamento nei consumatori verso questa categoria merceologica. Il Consorzio Casalasco del Pomodoro e il brand Pomì sono da sempre contrari e totalmente estranei a pratiche simili, privilegiando una comunicazione chiara e diretta con il consumatore. Per questo motivo l’azienda comunicherà sui principali quotidiani nazionali e locali, ribadendo i suoi valori e la sua posizione in questa vicenda. Si tratta di un atto dovuto non soltanto nei confronti dei consumatori, ma anche nel rispetto delle aziende agricole socie, del personale dipendente e di tuti gli stakeholders che da sempre collaborano per ottenere la massima qualità nel rispetto delle persone e dell’ambiente".

Il sito dell’azienda, del resto, sottolinea con evidenza la provenienza "nordista" del pomodoro: il 75% è raccolto tra Cremona e Mantova, il 14 in provincia di Parma, il resto in Veneto e Piemonte; 350mila tonnellate di ortaggi all’anno che equivalgono a oltre il 50% dell’oro rosso made in Italy. "Lo slogan allude al fatto che non si fa ricorso al lavoro nero" è uno dei commenti su Twitter. "No, è la rivendicazione del fatto che il prodotto non arriva dalla Terra dei Fuochi" è invece la chiave di lettura che va per la maggiore. Di fatto la comunicazione di marketing ha raggiunto l’obiettivo di far parlare di sé ma anche acceso una mai sopita discussione campanilistica tra due parti d’Italia attorno a uno dei simboli dell’agroalimentare nazionale.

I vertici del Consorzio Casalasco non si nascondono e svelano la strategia, per così dire, dietro il messaggio comparso sui giornali e che anche nei prossimi giorni tornerà a essere pubblicato: "Da tempo ci battiamo per la trasparenza sull’origine dei nostri prodotti – dice il direttore generale Costantino Vaia -, lo riteniamo un valore aggiunto ew una garanzia nei confronti del consumatore". Resta il quesito che ha innescato la curiosità generale: c’entrano anche le notizie che in questi giorni arrivano dalla Campania? "Ci teniamo a ribadire i valori di legalità e tutela ambientale che stanno alla base del nostro lavoro – è la risposta di Vaia – e dunque a chiarire da dove arrivano i pomodori che usiamo. E’ un’esigenza ad esempio molto sentita su mercati come quello inglese o americano dove siamo presenti da tempo. E’ anche una rivendicazione del made in Italy di fronte all’invasione dei pomodori cinesi". 

(fonte: La Repubblica; Corriere)

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