SICILIA E CALABRIA: MENO PRODUZIONI DI AGRUMI PER COLTIVARE FRUTTA ESOTICA

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I produttori calabresi sono molto preoccupati per la crisi e un settore agricolo in ginocchio. Dopo temperature medie a ottobre di 30 gradi e tre mesi di siccità, questa è stata un’annata tra le più scarse a memoria di contadino. "Lavorando meno prodotto, come nel caso delle clementine la cui produzione è calata del 30%, è aumentato di oltre un terzo il valore.

Dai 14 centesimi di euro al chilo di qualche anno fa ai 22-24 di questo inizio 2013. Sui mercati romani e milanesi infatti i nostri mandarini li stanno pagando bene" riflette Vincenzo Casciaro della Cgil comparto agricolo Rossanese, provincia di Cosenza.

Ma il vero dramma dei produttori e degli agrumicoltori in Calabria così come nella confinante Sicilia è arrivato ad ottobre: dal primo del mese sono crollati (-60%) dazi e tariffe doganali con il Marocco e gli altri paesi del Maghreb.

Il risultato è che olive, olio non raffinato e agrumi siculi e calabri saranno destinati in massa al macero. Inoltre, si aggiungono alti costi di produzione: per le arance che sul mercato sono quotate 4 centesimi di euro per chilo, il costo di ogni ettaro di agrumeto ammonta a circa 5 mila euro all’anno. Per queste ragioni in Calabria e in Sicilia le cose stanno cambiando: meno produzioni di agrumi per mettere mango, avocado, papaja, cachi, fichi d’india e annoni, queste ultime già produzioni storiche da decenni in Calabria.

Le inchieste degli ultimi anni delle Dda di Reggio Calabria e Napoli, inoltre, hanno dimostrato come da Caserta allo Stretto di Messina fino a Modica, vicino Ragusa, casalesi e `ndrine calabre hanno il controllo della filiera della frutta fin dentro gli ortomercati. Ora i boss stanno spingendo avocado, mango, cachi e annoni calabresi e siculi. Milanesi e romani nel carrello del supermercato mettono volentieri i prodotti esotici e spendono cifre esorbitanti, ma per l’arancia Tarocco prodotto di qualità di Sicilia e Calabria ora non si offre più di 60-80 centesimi di euro al chilo. Ad aggravare la situazione c’è anche il fatto che il valore della terra non edificabile sta crollando causando grossi rischi per il territorio contadino fra Catania e la Calabria: dai 120 milioni per ettaro prima dell’euro ora il prezzo è crollato tra 20 mila e 30 mila euro per ettaro di terreno coltivabile. (fonte: L’Unità)

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