Il mix micidiale di assenza di piogge e temperature elevate sta piegando l’agricoltura italiana. Prima “Scipione”, poi “Caronte” e “Minosse” hanno riarso le campagne e anche se da sabato arriva “Circe” a dare sollievo al Centro-Nord, i temporali non possono bastare a mitigare lo stress idrico. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
L’associazione sta monitorando gli effetti della siccità sui campi.
Le coltivazioni hanno subito pesantemente i colpi di calore – spiega la Cia – e le perdite stimate sono già del 30 per cento sul mais e del 45 per cento sulla soia in molte regioni del Nord e del 25 per cento sui pomodori nel Mezzogiorno. Anche la frutta estiva comincia a risentire delle temperature molto al di sopra della media e si va avanti con le irrigazioni di soccorso.
La situazione in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto è davvero critica – continua la Cia – tanto più che in alcune zone, come per esempio la gronda lagunare, i terreni molto sabbiosi hanno una minore capacità di trattenere l’acqua piovana. Soltanto nel veneziano la siccità sta mettendo a rischio 27 mila ettari di colture estensive. Purtroppo, sempre più spesso, quelle che un tempo erano anomalie climatiche oggi stanno diventando la norma, la cronaca di tutti i giorni, rendendo sempre più evidente la necessità di politiche strutturali per risolvere il problema del fabbisogno idrico.
Ecco perché non si può più aspettare: come ha già detto l’Anbi – osserva la Cia – è tempo di rilanciare il Piano irriguo nazionale, che oggi è dimezzato e senza prospettive di ulteriori fondi. C’è bisogno di misure concrete, di interventi seri di manutenzione della rete idrica e di nuove opere di irrigazione. Solo in questo modo si può davvero aiutare l’agricoltura “made in Italy” – conclude la Cia – che paga i periodi di siccità con un aggravio dei costi di produzione e con un taglio dei raccolti. Che vuol dire zero guadagni.