Ah ma allora se si tocca il nostro export agroalimentare siamo rovinati… guerre commerciali ed embarghi rischiano di trasformare questa strana estate 2014 in una delle peggiori degli ultimi 20 anni. Adesso tutti si accorgono quanto i focolai di crisi geopolitica (Russia, Ucraina, Medio Oriente, Libia, Siria) mettono in ginocchio l’economia europea, quella italiana in particolare.
Adesso tutti quelli che ogni giorno pontificano contro il libero scambio, contro l’apertura delle frontiere, i nostalgici dell’autarchia economica, del “piccolo è bello” a tutti i costi, del ‘mercatino’ locale come ricetta economica miracolosa suprema, vanno a sbattere contro il muro di Putin. Impossibile adesso quantificare i danni dell’embargo russo all’export (siamo solo all’inizio) però sappiamo che c’è l’ortofrutta sicuramente in prima linea tra i comparti più bastonati. Parliamo almeno 400 di milioni di euro, così a spanne. Il che è come dire: piove sul bagnato visto il disastro della frutta estiva. L’Europa si faccia sentire, dicono tutti adesso. Ma quale Europa? Quella che non riesce ancora a decidere sull’elemosina finanziaria per dare una boccata di ossigeno (leggasi: ritiri) alle nostre pesche? Il bello è che se si chiude la valvola dell’export, ci ritroviamo con un eccesso di prodotto sul mercato interno con conseguenze ancora più disastrose visto il calo inesorabile dei consumi. Dopo, tutte le nostre mele, kiwi, uva da tavola, pomodorini a chi li diamo? Chi ce li compra?
Mi rendo conto che questo è un ragionamento economico di una banalità quasi sconcertante, da studente al primo anno non di università ma di ragioneria, eppure è il pensiero circolante sui media quando si parla di agricoltura e agroalimentare. Difendere qualità, tipicità, origine è sacrosanto. Ma non capire che questi asset noi li dobbiamo spendere e valorizzare sui mercati mondiali – altrimenti restano lì come belle statuine e non fanno reddito – è una forma raffinata di autolesionismo economico.
Via al bando del Masaf "Frutta e verdura nelle scuole" con 14 milioni di dotazione. A scanso di equivoci sarà bene specificare Frutta e verdura "fresca" nelle scuole *
SENZA EXPORT SIAMO MORTI. BELLA SCOPERTA…
Ah ma allora se si tocca il nostro export agroalimentare siamo rovinati… guerre commerciali ed embarghi rischiano di trasformare questa strana estate 2014 in una delle peggiori degli ultimi 20 anni. Adesso tutti si accorgono quanto i focolai di crisi geopolitica (Russia, Ucraina, Medio Oriente, Libia, Siria) mettono in ginocchio l’economia europea, quella italiana in particolare.
Adesso tutti quelli che ogni giorno pontificano contro il libero scambio, contro l’apertura delle frontiere, i nostalgici dell’autarchia economica, del “piccolo è bello” a tutti i costi, del ‘mercatino’ locale come ricetta economica miracolosa suprema, vanno a sbattere contro il muro di Putin. Impossibile adesso quantificare i danni dell’embargo russo all’export (siamo solo all’inizio) però sappiamo che c’è l’ortofrutta sicuramente in prima linea tra i comparti più bastonati. Parliamo almeno 400 di milioni di euro, così a spanne. Il che è come dire: piove sul bagnato visto il disastro della frutta estiva. L’Europa si faccia sentire, dicono tutti adesso. Ma quale Europa? Quella che non riesce ancora a decidere sull’elemosina finanziaria per dare una boccata di ossigeno (leggasi: ritiri) alle nostre pesche? Il bello è che se si chiude la valvola dell’export, ci ritroviamo con un eccesso di prodotto sul mercato interno con conseguenze ancora più disastrose visto il calo inesorabile dei consumi. Dopo, tutte le nostre mele, kiwi, uva da tavola, pomodorini a chi li diamo? Chi ce li compra?
Mi rendo conto che questo è un ragionamento economico di una banalità quasi sconcertante, da studente al primo anno non di università ma di ragioneria, eppure è il pensiero circolante sui media quando si parla di agricoltura e agroalimentare. Difendere qualità, tipicità, origine è sacrosanto. Ma non capire che questi asset noi li dobbiamo spendere e valorizzare sui mercati mondiali – altrimenti restano lì come belle statuine e non fanno reddito – è una forma raffinata di autolesionismo economico.
Lorenzo Frassoldati
direttore del Corriere Ortofrutticolo
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