SCALISE AI GROSSISTI: LA STRADA È TRACCIATA PER CAMBIARE MARCIA

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Solo offrendo più servizi e dunque imparando a dare più contenuto di servizio ai loro prodotti, i grossisti dei Mercati avranno un futuro. Se continuerà a puntare tutto sulla vendita del solo prodotto, la categoria non riuscirà a invertire il trend negativo in cui si trova da oltre dieci anni.

Lo ha affermato Claudio Scalise (nella foto), managing partner di SG Marketing, al convegno svoltosi ieri alla Fondazione FICO di Bologna sulle ‘Prospettive per i Mercati all’Ingrosso ed i Centri Agro-alimentari’, organizzato da Fedagromercati, CAAB, FICO e Italmercati (leggi news). Questo è stato anche il concetto chiave di tutto l’incontro, se si escludono le idee che debbono muovere i Mercati a livello istituzionale precisate dal presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini (leggi news).

Scalise è partito dallo scenario. Il mercato dell’ortofrutta fresca in Italia vale 12,8 miliardi di euro per un volume di 8,7 milioni di tonnellate. La quota del canale tradizionale (leggi Mercati all’Ingrosso) è passata dal 2007 al 2017 dal 50% al 37%, pari a 2,97 milioni di tonnellate, a vantaggio della grande distribuzione organizzata. L’Italia resta comunque in Europa il Paese dove il canale tradizionale ha ancora una funzione da non sottovalutare. In Germania infatti conta solo per l’11%, in Spagna per il 28%, in Francia per il 31%. D’altra parte però, in Italia il mercato dell’ortofrutta fresca è in mano per ben il 53% a soli cinque player della GDO: nell’ordine Coop Italia, Conad, Auchan, Esselunga e Carrefour. La GDO ha messo al centro delle sue strategie i prodotti freschi che sono decisivi per i suoi fatturati. La conseguenza è che il canale tradizionale ha cominciato progressivamente a soffrire mano a mano che la GDO si dotava di piattaforme logistiche autonome per i prodotti freschi. In nove anni Milano-SOGEMI ha registrato un crollo dei flussi di ortofrutta pari al 63%, Bologna-CAAB ha subìto una perdita del 25%, Padova, Verona, Torino e Fondi hanno perso dal 15% al 20%. In tutto lo scenario italiano sono cresciuti solo tre Mercati: Roma e Bergamo (+10%), Cesena (+40%). E Roma è un segnale per tutti, un caso da analizzare, perché è un Mercato che conta e che è diventato quello che non era: il primo Mercato italiano.

Eppure – ha aggiunto Scalise entrando nel cuore del suo ragionamento – i Mercati hanno punti di forza: sono piattaforme vicine alle città, hanno una rete nazionale, conoscono il prodotto come nessuno, possono gestire la logistica (carichi misti, eccetera), distano poco dai punti vendita dell’horeca e della stessa GDO. Dunque sono gli operatori che debbono cambiare passo, supportati dalle società di gestione. Debbono offrire servizi nella logistica, nelle confezioni per servire nuova clientela e i nuovi segmenti verso i quali il mercato si sta orientando: il biologico, il prodotto pronto da consumare; debbono riflettere su come rapportarsi con l’e-commerce da una parte e con i nuovi mercati di esportazione e di importazione. Dunque i punti di debolezza da superare sono: un’immagine debole, una funzione tradizionale di vendita in mercato in gran parte oggi superata, gli scarsi, sporadici rapporti con la moderna distribuzione e l’horeca. Se non entreranno in una dimensione nuova si troveranno a gestire situazioni ancora più difficili perché la GDO sta sviluppando nuovi servizi e si sta organizzando per fare in proprio l’e-commerce in piattaforme che ancora una volta taglierebbero fuori i Mercati.

L’analisi a Bologna è stata fatta puntualmente. Il presidente di Fedagro Valentino Di Pisa l’ha condivisa. Sarebbe dunque tempo di rimboccarsi le maniche. (a.f.)

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