In tema uva da tavola e privative ecco il commento dell’avvocato Gualtiero Roveda, esperto del settore e nostro collaboratore.

“La veemente dichiarazione dell’Assessore pugliese, rivolta ai produttori di uva del suo territorio, contiene elementi di verità. In ragione delle recenti disposizioni della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia UE (sentenza Nadorcott), possono essere considerate nulle le clausole contrattuali che attribuiscono al breeder, oltre al diritto di percepire royalties dal produttore, anche quello di individuare i soggetti ai quali soltanto potranno essere ceduti i frutti del raccolto. Tuttavia”, sottolinea Roveda, “prima di intraprendere qualsiasi iniziativa che possa avere profili legali o commerciali rilevanti, è necessario valutare con grande attenzione l’intero rapporto contrattuale e le obbligazioni assunte dalle parti. Si deve, infatti, rilevare che le recenti pronunce giurisprudenziali hanno introdotto importanti limitazioni al potere del breeder, ma non hanno azzerato la possibilità di stipulare accordi contrattuali complessi che regolino la commercializzazione dei prodotti derivanti da varietà vegetali protette. Nell’ambito delle articolate relazioni afferenti alle privative vi sono spesso anche accordi per l’utilizzo di marchi che promuovono i prodotti e garantiscono la qualità. Si registrano, in proposito, esempi virtuosi di club varietali, la cui esistenza è basata su vari presupposti, che non vengono toccati dalle pronunce in esame. In particolare, i club rivestono un ruolo importante nel supportare gli agricoltori attraverso la condivisione di conoscenze, l’accesso a nuove varietà e la promozione dei prodotti tra i consumatori e gli acquirenti, anche grazie alla valorizzazione di marchi in grado di far cogliere appieno la qualità e le caratteristiche del prodotto”.