L’onda lunga della guerra grava anche sul pomodoro da industria, stretto tra rincari e siccità. Per la nuova stagione Amitom (l’associazione che riunisce le organizzazioni professionali dei trasformatori nell’area mediterranea) stima la produzione nazionale in calo a 5,4 milioni di tonnellate, contro i 6 milioni del 2021, che hanno portato il nostro Paese in seconda posizione a livello mondiale, dopo gli Usa.
Come spiega il Sole24Ore, nel distretto produttivo del Nord Italia, colpito dalla siccità e con una situazione critica, soprattutto in Emilia Romagna, la previsione è di 2,75 milioni di tonnellate e si prefigura una perdita produttiva del 10%. Analoghe prospettive nel Centro Sud dove, nonostante un contesto operativo più regolare e una situazione idrica al momento sotto controllo, si stimano 2,65 milioni di tonnellate (-10%). Secondo Amitom la battuta d’arresto sarà generalizzata a tutti i produttori dell’Unione europea, con un raccolto stimato di poco superiore ai 10 milioni di tonnellate, il 13% in meno rispetto agli 11,5 milioni di un anno fa.
Che la situazione sia complicata, è provato anche dallo stallo delle trattative sul prezzo. “Sulla definizione dei contratti influisce in maniera preponderante il clima di incertezza che stiamo vivendo”, spiega al Sole Giovanni De Angelis, direttore generale ANICAV. Che prosegue: “Anche se i mercati russo e ucraino incidono meno dell’1% sul nostro export, questa guerra ci colpisce indirettamente per i rincari di energia, soprattutto gas, trasporti e noli, che subiscono gli aumenti del gasolio”.
Al Nord (40 mila ettari circa) il tavolo convocato l’11 marzo è saltato per la mancata convergenza sulla proposta avanzata dall’industria, che ha posto come punto di caduta 102 euro a tonnellata, il prezzo deciso dalla Spagna. Lo scorso anno la trattativa si chiuse a 92 euro; oggi, alla vigilia dei trapianti, un accordo è ancora lontano, mentre al Centro-Sud le trattative riprenderanno la prossima settimana.
Per Coldiretti il nulla di fatto nelle trattative con l’industria rischia di favorire l’import dal resto del mondo, già cresciuto nell’ultimo anno. Intanto Princes Industrie alimentari, la società che gestisce a Foggia il più grande stabilimento in Europa per la trasformazione, ha anticipato la firma dei contratti di conferimento per la stagione 2022: le oltre 30 cooperative partner vedranno riconosciuto un prezzo di acquisto equo, stabilito in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Foggia (una best practice adottata dall’azienda per contribuire in modo concreto alla sostenibilità economica della filiera del pomodoro).
Il contesto internazionale non aiuta e fa temere un cambiamento radicale nelle scelte produttive. “Rischiamo che molti produttori decidano di abbandonare il pomodoro per puntare su altri prodotti come mais, sorgo, girasole e soia, che andranno seminati a breve e che fino a oggi erano oggetto di importanti flussi in ingresso da Russia, Ucraina e Ungheria”, dice Davide Vernocchi, coordinatore ortofrutta di Alleanza cooperative agroalimentari. Il balzo dei prezzi – solo pochi giorni fa il mais ha raggiunto il record storico dei 400 euro a tonnellata – esercita una forte attrattiva e il rischio di diversificazione è reale. Sul tema dell’abbandono forte preoccupazione è stata espressa anche da Confagricoltura e da Cia-Agricoltori italiani, secondo cui l’oro rosso italiano rischierebbe di raddoppiare le perdite di superficie, passando dal 15 al 30 per cento.
Preoccupano anche le ricadute del Piano strategico nazionale sulla intera filiera produttiva. A sollevare il tema è Tiberio Rabboni, presidente dell’Interprofessione del pomodoro da industria del Nord Italia, che spiega: “La convergenza interna sui produttori storici, l’eliminazione del pagamento greening e l’esclusione dai pagamenti previsti per chi aderisce agli ecoschemi, produrranno dal 2022 al 2026, per chi fa pomodoro, una riduzione del 65% degli aiuti dal primo pilastro Pac. Risorse che – puntualizza il presidente – non potranno essere recuperate sul mercato, vista la situazione attuale. In più il premio accoppiato ad ettaro resta ancorato a valori economici preesistenti, inferiori a quelli riconosciuti dai nostri principali competitor Spagna, Portogallo, Grecia”.
In una lettera inviata al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e agli assessori regionali all’Agricoltura delle regioni del Nord Italia, Rabboni ha chiesto di intervenire sul Piano strategico che sarà approvato a giugno, incrementando il premio accoppiato – per essere sullo stesso livello competitivo della Spagna – e di modificare uno o più ecoschemi, per consentirne l’accesso anche ai produttori di quello che fino a qualche tempo fa era considerato l’oro rosso.
(fonte: IlSole24Ore)