La scomparsa di Rolando Drahorad priva il mondo dell’ortofrutta italiana di uno dei suoi più attenti conoscitori e commentatori. Rolando veniva dalla gavetta, cioè dal commercio, dall’operatività di mercato, poi con lungimiranza e precorrendo i tempi aveva creato una struttura che forniva servizi di comunicazione e marketing al settore. Anche questo era un terreno dove la sua sensibilità e intelligenza gli permettevano di conoscere e capire i bisogni delle imprese e alzare insieme lo sguardo ai problemi sistemici del settore, che traduceva in commenti e analisi di grande finezza. Lui che emiliano non era, da noi emiliani aveva mutuato la schiettezza, il dire (e scrivere) pane al pane e vino al vino. Con me personalmente aveva intessuto un rapporto epistolare, di botta e risposta, di cui ho spesso dato conto sia sul giornale di carta sia qui nella versione on line. Non sempre eravamo d’accordo, ma il dialogo era franco e costruttivo.
Faceva “ragionamenti scomodi” Rolando, perché vedeva tutte le occasioni perse da un settore che negli anni si è più impegnato a rastrellare contributi pubblici che a diventare più competitivo. Come viene speso il fiume di soldi che arriva da Bruxelles ogni anno? Con quali obiettivi e con quali ritorni per il sistema Italia? Erano queste le domande che si poneva Rolando, che vedeva il ‘sistema Italia’ in caduta libera, sorpassato e a volte umiliato dagli spagnoli, incapace di recuperare posizioni su mercati che una volta erano suoi.
Il risultato? “Il risultato – scriveva Rolando solo pochi mesi fa su queste colonne – è che i migliori manager di Op sono considerati quelli che riescono a portare a casa più soldi da Bruxelles dimenticando spesso che i veri risultati si ottengono sul campo, sul mercato. Se non erro l’Ocm indica fra gli investimenti prioritari la promozione sui mercati e non l’integrazione di ricavi. Ma quanta ricerca di mercato si fa? Quante pubbliche relazioni e quanta pubblicità si fa? Chi fa il famoso storytelling che sarebbe tanto efficace? Quanta frutta italiana vediamo quando visitiamo i punti vendita all’estero?”.
Raccontare la nostra ortofrutta, i suoi valori e la sua storia, costruire l’immagine forte di un settore strategico per l’economia e l’ambiente di mezza Italia (soprattutto al Sud), costruirci sopra una comunicazione efficace: erano queste le preoccupazioni sempre presenti nell’attività di Rolando come blogger e giornalista, insieme con una certa nostalgia per l’epoca dei pionieri, quegli imprenditori privati che avevano trasformato l’Italia nell’orto e nel frutteto d’Europa. Lui stesso era stato un pioniere del marketing ortofrutticolo ed era la preziosa e vivace memoria storica del settore. Dedico queste righe alla moglie Cristina e al figlio Thomas, per ricordare – tra le tante passioni di Rolando – quella che ho conosciuto meglio: la scrittura.
RICORDIAMO ROLANDO DRAHORAD E I SUOI “RAGIONAMENTI SCOMODI”
La scomparsa di Rolando Drahorad priva il mondo dell’ortofrutta italiana di uno dei suoi più attenti conoscitori e commentatori. Rolando veniva dalla gavetta, cioè dal commercio, dall’operatività di mercato, poi con lungimiranza e precorrendo i tempi aveva creato una struttura che forniva servizi di comunicazione e marketing al settore. Anche questo era un terreno dove la sua sensibilità e intelligenza gli permettevano di conoscere e capire i bisogni delle imprese e alzare insieme lo sguardo ai problemi sistemici del settore, che traduceva in commenti e analisi di grande finezza. Lui che emiliano non era, da noi emiliani aveva mutuato la schiettezza, il dire (e scrivere) pane al pane e vino al vino. Con me personalmente aveva intessuto un rapporto epistolare, di botta e risposta, di cui ho spesso dato conto sia sul giornale di carta sia qui nella versione on line. Non sempre eravamo d’accordo, ma il dialogo era franco e costruttivo.
Faceva “ragionamenti scomodi” Rolando, perché vedeva tutte le occasioni perse da un settore che negli anni si è più impegnato a rastrellare contributi pubblici che a diventare più competitivo. Come viene speso il fiume di soldi che arriva da Bruxelles ogni anno? Con quali obiettivi e con quali ritorni per il sistema Italia? Erano queste le domande che si poneva Rolando, che vedeva il ‘sistema Italia’ in caduta libera, sorpassato e a volte umiliato dagli spagnoli, incapace di recuperare posizioni su mercati che una volta erano suoi.
Il risultato? “Il risultato – scriveva Rolando solo pochi mesi fa su queste colonne – è che i migliori manager di Op sono considerati quelli che riescono a portare a casa più soldi da Bruxelles dimenticando spesso che i veri risultati si ottengono sul campo, sul mercato. Se non erro l’Ocm indica fra gli investimenti prioritari la promozione sui mercati e non l’integrazione di ricavi. Ma quanta ricerca di mercato si fa? Quante pubbliche relazioni e quanta pubblicità si fa? Chi fa il famoso storytelling che sarebbe tanto efficace? Quanta frutta italiana vediamo quando visitiamo i punti vendita all’estero?”.
Raccontare la nostra ortofrutta, i suoi valori e la sua storia, costruire l’immagine forte di un settore strategico per l’economia e l’ambiente di mezza Italia (soprattutto al Sud), costruirci sopra una comunicazione efficace: erano queste le preoccupazioni sempre presenti nell’attività di Rolando come blogger e giornalista, insieme con una certa nostalgia per l’epoca dei pionieri, quegli imprenditori privati che avevano trasformato l’Italia nell’orto e nel frutteto d’Europa. Lui stesso era stato un pioniere del marketing ortofrutticolo ed era la preziosa e vivace memoria storica del settore. Dedico queste righe alla moglie Cristina e al figlio Thomas, per ricordare – tra le tante passioni di Rolando – quella che ho conosciuto meglio: la scrittura.
Lorenzo Frassoldati
direttore del Corriere Ortofrutticolo
l.frassoldati@alice.it
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