Allarme rosso per l’arancia Belladonna (nelle foto), la tipica varietà tardiva, dalla buccia rossastra e la forma oblunga, (febbraio-maggio) coltivata nella provincia di Reggio Calabria, tra i territori dei comuni di Gallico e Catona anche conosciuta come arancia di San Giuseppe.
L’eccesso di caldo registrato la scorsa estate ha influito sulla qualità del frutto determinando una significativa riduzione delle pezzature. “Con questi calibri – ci spiega Domenico Lazzaro dell’azienda agricola Fortugno Angela – difficilmente riusciremo a vendere il prodotto nei canali di distribuzione del fresco, prevalentemente i centri agroalimentari. Il consumatore, purtroppo oggi mangia prima con gli occhi e vuole frutti grandi senza badare al fatto che pure quelli piccoli sono buoni ugualmente. Quindi saremo costretti a destinare quasi tutta la produzione all’industria di trasformazione che paga al produttore la cifra irrisoria di 9 centesimi al chilo. Una remunerazione decisamente insostenibile per i produttori che oltre all’elevato costo della manodopera devono anche fare conti con la peculiarità degli appezzamenti che sono tutti terrazzati”.
Nonostante l’unicità di questo agrume, coltivato solo nei territori reggini, per i quali i produttori hanno chiesto al Comune di Reggio Calabria il riconoscimento De.c.o., denominazione comunale di origine (mai ottenuta) questo prodotto unico viaggia con remunerazioni bassissime che, anche se venduto nei canali del fresco, non superano i 50 centesimi al chilo che, tolti i costi, lasciano al produttore margini minimi.
“Per questo assistiamo ad un progressivo abbandono delle coltivazioni – continua Lazzaro – al punto che se fino a qualche anno fa se ne coltivavano 300 ettari, adesso la superficie complessiva si è ridotta a 200 con previsioni di ulteriori riduzioni visti gli andamenti delle ultime campagne. Gli agricoltori, a causa delle basse remunerazioni, non riescono più a fare tutti i trattamenti necessari, per cui rinunciano alla potatura, ad esempio, o alla concimazione con conseguenze prevedibili sulla produttività delle piante”.
“Il rilancio di una coltivazione antica dalle prospettive moderne, anche dal punto di vista della tutela della biodiversità, passa certamente dalla sua maggiore diffusione anche attraverso i prodotti derivati – precisa Rosario Previtera agronomo e promotore di numerose iniziative di valorizzazione tra cui la De.c.o. – Nell’ultimo quinquennio grazie alle attività della Provincia di Reggio Calabria e del GAL BATIR abbiamo creato un paniere di prodotti a base di Belladonna come le marmellate anche Bio e l’Arancello dello stretto che è un infuso realizzato con le bucce Bio”
Una buona notizia, da quest’anno l’azienda reggina Romanella, ha realizzato una referenza di succo a base di arancia Belladonna che da quest’estate è riuscita a piazzare anche sul mercato australiano. “Speriamo – conclude Lazzaro – che questo possa avere ricadute positive su tutta la filiera”.
Mariangela Latella