RAGO: SERVE UN  PROGETTO ITALIANO PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

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Nella stagione nera dell’agricoltura che cade nell’anno più caldo dal 1888, si ripropone più accesa che mai la questione delle regole del mercato globale, legata alla distribuzione del prodotto sul mercato anche in conseguenza di sbilanci produttivi (troppo o troppo poco) causati dal clima.
Regole che, su scala europea, si traducono in una disarticolazione sostanziale tra import ed export che in Italia è ancor più appesantita dalla difficoltà del sistema Paese di approcciare l’internazionalizzazione del comparto in una visione davvero global abbandonando visioni datate e ancora legate agli anni del boom economico del secondo dopoguerra.

“Le attuali distorsioni del mercato impongono riflessioni importanti sia sul fronte produttivo che su quello di mercato. L’agricoltura deve adeguarsi a questi importanti cambiamenti se non vuole finire in un vicolo cieco” avverte Rosario Rago, presidente dell’omonimo gruppo aderente a Confagricoltura. “Bisogna lavorare con regole uguali per tutti. L’Italia, poi, deve fare controlli molto più forti sulle merci importate. È assurdo importare prodotti che consideriamo pericolosi e sottrarre quote di mercato alle aziende italiane che invece sono virtuose sul fronte produttivo”.

Manca una strategia univoca anche per il settore export dove, oggi, le aziende si muovono in ordine sparso e affrontano il mercato globale con gli stessi strumenti che ha un addetto ai reparti di un supermercato per misurare l’andamento dei prezzi.

Da più voci il comparto, sempre troppo frammentato, reclama un Progetto italiano per l’internazionalizzazione.

“La prima cosa da fare per sollevare l’export – avverte Rago – è il supporto degli esportatori dato da un’agenzia specializzata in grado di operare a 360° di modo che riesca a raggiungere le nostre imprese e a condurle sul mercato globale. Il nostro gap è quello di avere una GDO forte ma troppo nazionale, che non va all’estero. Non abbiamo traini da parte del canale distributivo per cui le imprese italiane andrebbero assistite ad esportare”.

Attualmente la competizione con gli altri Paesi europei si risolve nella rosa dei soliti noti esportatori. “Ci facciamo la concorrenza tra di noi – continua Rago – proiettando su scala globale la guerra locale dei prezzi mentre bisognerebbe ragionare con un istituto per il commercio con l’estero in una logica lungimirante alla conquista di nuovi mercati, mettendo tra le priorità le infrastrutture e i trasporti che possono permetterci di raggiungerli. In questo senso l’ICE potrebbe organizzare delle riunioni mirate con importatori, esportatori e aziende della logistica per fare dialogare la domanda e l’offerta di servizi logistici”.

Una sorta di interprofessione della logistica, in pratica, un tavolo finalizzato alla creazione delle condizioni per il trasporto ottimale delle merci anche in considerazione che, allo stato attuale, in Italia funziona solo quello su gomma mentre quello su rotaia è al palo e quello via aerea è poco più che in fase embrionale con Malpensa come unico aeroporto che fa servizi con costi molto elevati.

Mariangela Latella

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