HA RAGIONE IL PAPA: LA GLOBALIZZAZIONE VA GOVERNATA

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In un articolo sul Corriere della Sera del 12 aprile Papa Francesco scrive che, se guardiamo ai mercati globali, mai come in questi anni l’economia ha consentito a miliardi di persone di affacciarsi “al benessere, ai diritti, a una migliore salute e a molto altro”. Nel contempo, scrive che l’economia e i mercati hanno avuto un ruolo nello sfruttamento eccessivo delle risorse comuni, nell’aumento delle disuguaglianze e nel deterioramento del Pianeta. Secondo il Papa, lo sviluppo tecnologico e della finanza hanno amplificato le potenzialità del bene e del male, per cui oggi in certe parti del pianeta si “annega nell’opulenza e in altre non si ha il minimo per sopravvivere”. Continua, sottolineando, che le istituzioni finanziarie e le imprese multinazionali hanno raggiunto dimensioni tali da condizionare le economie locali e la mancanza di regolamentazione e controlli adeguati ha favorito la crescita del capitale speculativo, che non si interessa degli investimenti produttivi, ma cerca il lucro immediato.

Questa analisi di Papa Francesco è assolutamente condivisibile. La teoria economica e l’analisi empirica hanno dimostrato come lo sviluppo del commercio internazionale abbia favorito la crescita sia dei paesi sviluppati che delle economie marginali. Assieme alla crescita economica avanzano, ma più lentamente, anche quella sociale e la coscienza politica dei popoli sempre più informati e meno oppressi dalla necessità di trovare mezzi di sopravvivenza. E’ vero però, che l’apertura delle frontiere favorisce la crescita di imprese multinazionali e la formazione di capitale speculativo, mentre diventa difficile per gli Stati avere la forza e trovare i responsabili da sottoporre a norme destinate a regolarne i comportamenti e a garantire una equa distribuzione della ricchezza. L’informazione e il bisogno spinge, poi, le popolazioni più povere e minacciate da conflitti locali ad alimentare flussi migratori verso i paesi più ricchi, creando tensioni tra gruppi sociali e tra gli Stati.

Sulla base dell’analisi di Papa Francesco, non credo che si possa concludere che la globalizzazione è fallita. E’necessario tuttavia che gli Stati, meglio la Comunità internazionale, intervengano per impedire che l’economia di mercato senza confini, base del sistema capitalistico internazionale, travolga lo Stato sociale che ha permesso finora di conciliare crescita economica e benessere sociale dei popoli, almeno di quelli che sono riusciti a superare i limiti della povertà.

Questa lunga premessa per introdurre l’intervista di Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti, su “Terra e Vita” del 21 marzo dal titolo, “Le distorsioni di un commercio libero ma non equo”, che all’inizio riconosce a Donald Trump il merito di avere aperto con il rialzo dei dazi un faro su “….natura, conseguenze e responsabilità di chi ha guidato finora il processo di globalizzazione…”. E’ la posizione protezionistica da sempre sostenuta da Coldiretti che in presenza del progressivo abbattimento delle barriere tariffarie da parte della UE, dopo la rivoluzione PAC introdotta dalla riforma Fischler del 2003, sostiene l’introduzione di barriere non tariffarie come, di fatto, sono l’obbligo delle produzioni importate a sottostare a standard produttivi più restrittivi di quelli richiesti dalla stessa UE, sostenendo la superiorità delle produzioni nazionali, da cui l’obbligo dell’etichettatura di origine.

Pare quasi che la lista delle possibili richieste USA a Bruxelles di eliminazione di restrizioni non tariffarie all’export di prodotti agroalimentari, in cambio dell’esenzione definitiva dalle tariffe su acciaio e alluminio, contenuta nel “National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers 2018” (Il Sole24Ore, 12.04.18) sia quasi una risposta immediata alle richieste del Presidente Moncalvo. Tra queste, gli USA denunciano il carattere distorsivo sul piano competitivo delle etichette di origine, si oppongono alla registrazione di “nomi collettivi di prodotto” come i marchi di origine (Dop, Igp e Stg), sostengono che limitazioni a tutela della sicurezza alimentare e della salute delle persone, come il divieto dell’impiego di ormoni, cloni e Ogm, non è basato “…su principi scientifici e sostenuto da prove scientifiche….”. Perfino le norme poste dall’Europa a tutela dell’ambiente e della salute dal regolamento “Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals” contro i rischi delle sostanze chimiche, viene considerato dagli USA solo una strumento per imporre “ oneri più pesanti o semplicemente inutili ai produttori extra-UE”. Ovviamente, queste richieste provenienti dagli USA sembrano farneticanti e sono inaccettabili, ma con la presidenza di Donald Trump tutto può succedere.

Quando ci si mette nella strada del protezionismo, si sa come si comincia ma non si sa come si va a finire e con l’aria che tira negli USA, che rappresentano circa il 10% delle nostre esportazioni agroalimentari, dopo Germania e Francia, potrebbe finire proprio male, in particolare per il nostro vino che rappresenta circa un terzo delle nostre esportazioni agroalimentari verso gli Stati Uniti. Al momento, l’export di ortofrutta fresca e trasformata verso gli USA rappresenta una quota ancora abbastanza contenuta (quasi 300 milioni di Euro), ma non credo che farebbe bene all’economia del settore un freno anche a queste esportazioni.

Corrado Giacomini

economista agrario

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