Per il radicchio di Verona è giunta l’ora della riscossa. Ne è convinta Cristiana Furiani (nella foto), presidente del neonato Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Radicchio di Verona Igp e responsabile commerciale della OP Geofur di Legnago (Verona), che ha aperto i lavori del convegno "Come rilanciare un prodotto straordinario: il Radicchio di Verona Igp" (leggi news).
L’evento si è tenuto ieri pomeriggio a Roveredo di Guà (Verona) in una sala gremita e ha inaugurato la locale fiera del radicchio. "A poco più di un mese dal suo riconoscimento (leggi news), questo è stato il primo appuntamento ufficiale del Consorzio di tutela, organizzato con l’obiettivo di lanciare un messaggio forte e chiaro alle aziende agricole: il radicchio di Verona è un prodotto coltivato da generazioni e non se ne deve perdere il nome, che è importante per dare un’identità e un legame preciso con il territorio", ha spiegato l’imprenditrice veneta.
"Secondo i dati di Veneto Agricoltura – ha continuato Furiani – nel 2007 in Veneto erano destinati al radicchio di Verona 1.209 ettari. Nel 2012 gli ettari sono diventati 977, quindi, in 5 anni, abbiamo perso il 23% della produzione". Un dato che indica come la perdita di identità di un prodotto si traduca in un crollo di mercato. "Non a caso, proprio nel 2008, quando è arrivato il riconoscimento Igp, abbiamo iniziato a chiamare il Verona con nomi diversi: Radicchio ovale, semilungo, a scapito del legame con il territorio".
Geofur ha creduto da subito nell’indicazione geografica protetta del radicchio veronese: "Poter chiamare il radicchio con il suo nome ha significato un apprezzamento immediato da parte dei nostri clienti – sottolinea Furiani -. Inoltre, il Disciplinare permette un’attenta selezione dei radicchi, assicurando un prodotto omogeneo, con imballi curati e un bollino che assicura al consumatore la garanzia di un prodotto controllato. La nostra produzione dal 2009 al 2012 è triplicata". "Questo è un momento particolarmente difficile – ha aggiunto Cristiana – il prezzo del prodotto è molto basso e non riusciamo a pagare le spese di produzione. Tuttavia, soprattutto ora, dobbiamo avere il coraggio di investire sul nostro lavoro. Io credo nell’Indicazione geografica protetta e spero che la promozione, la valorizzazione, l’unione possano migliorare le cose. Nella campagna in corso sono certificati 130 ettari di radicchio Verona Igp, il nostro obiettivo è aumentare ulteriormente questa produzione. Associando il prodotto al territorio, dobbiamo arrivare a incrementarne il consumo sia in Italia, dove il radicchio di Verona è conosciuto solo al nord, sia all’estero. Abbiamo un grande potenziale da sfruttare".
Dario Azzolini, responsabile acquisti e qualità dell’op scaligera, ha ripercorso le principali tappe del conseguimento della certificazione spiegando nel dettaglio il disciplinare che distingue tra radicchio precoce e tardivo.
Al convegno ha partecipato anche Paolo Manzan, presidente del Consorzio di tutela del Radicchio rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp, che, dopo aver ripercorso l’ascesa del radicchio di Treviso (dalle 2 mila tonnellate del 1998 si è passati alle 20 mila del 2013 con un aumento dei prezzi medi alla produzione passati in tre lustri da 2 a 2,80 euro e con la produzione lorda vendibile schizzata da 4 milioni di euro a 56 milioni) si è detto fiducioso sul futuro dell’oro rosso. Comunicazione, promozione e ricerca di nuovi mercati. Questi alcuni dei punti chiave secondo Manzan per proseguire la strada del successo del radicchio in tutto il mondo.