RADICCHIO DI TREVISO, MANZAN (NONNO ANDREA): “BIODIVERSO È MEGLIO”

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Nel corso del road show "Nella terra del Radicchio Rosso di Treviso IGP e Variegato di Castelfranco Igp" (leggi news), la visita all’azienda Nonno Andrea di Villorba (Treviso), diretta da Paolo Manzan (nella foto), ha fatto toccare con mano cosa significhi produrre radicchio seguendo tecniche all’insegna del rispetto dell’ambiente, del territorio e del prodotto.

La parola magica è biodiversità. Un concetto di cui Opo Veneto si è fatta portavoce e che si è concretizzato nel riportare la vita nei terreni, su cui fino a pochi anni fa era stata fatta "tabula rasa" da parte degli agricoltori a causa soprattutto del massiccio uso di prodotti chimici. Puntare su un ecosistema equilibrato, ben tutelato, dove la variabilità biologica è un valore da conservare, da far conoscere e da promuovere. Le terre sono state ripopolate da larve e insetti e vari microorganismi “buoni” che alimentano il terreno e che consente una drastica riduzione della chimica.

Nell’azienda agricola di Manzan (che è anche presidente del Consorzio di tutela del radicchio di Treviso e del Variegato di Castelfranco), dove su 40 dei 70 ettari complessivi si producono circa 2.300 quintali di radicchio di Treviso, e 1.200 quintali di Variegato di Castelfranco, la produzione è  “biodiversa” e si può fregiare del marchio di garanzia Biodiversity Friend, primo standard di biodiversità in agricoltura. Uno stile di vita oltre che un approccio (bio)diverso che sta dando i suoi frutti. “Grazie alla biodiversità oltre al rispetto dell’ambiente abbiamo ottenuto importanti risparmi economici – rivela Manzan. I trattamenti, che incidono per circa il 20% sui costi di produzione, sono calati di oltre il 50%.

Nella visita aziendale si è potuto assistere inoltre alla caratteristica fase dell’imbianchimento, durante la quale la radice del radicchio viene immersa in acqua corrente di risorgiva (presente in abbondanza nelle terre del Sile, fiume a sua volta che nasce da risorgive) per una quindicina di giorni. Proprio durante quelle giornate di immersione in acqua nel cuore dell’ortaggio nasce il nuovo germoglio, che dopo le fasi della lavorazione con l’eliminazione delle foglie esterne (si conserva solo il 30% del cespo iniziale) e il lavaggio, viene portato sulle tavole per la degustazione, fresco o trasformato in centinaia di soluzioni.

Emanuele Zanini

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