QUELLO CHE DICONO I PROTAGONISTI DELL’ORTOFRUTTA: SVILUPPARE IL MERCATO INTERNO E APRIRE NUOVI MERCATI

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Le tre domande del “Corriere Ortofrutticolo” a 80 operatori del settore sui freni allo sviluppo, sulle opportunità da cogliere e sulle prospettive da qui a 5 anni è una iniziativa coraggiosa e di grande successo.

Nel numero di marzo sono riportate le risposte di 18 leader dell’ortofrutta nazionale e proverò a sintetizzare i punti dove le risposte sono più convergenti. Tutti hanno denunciato la frammentazione dell’offerta a livello della produzione come una delle cause maggiori dell’inefficienza della filiera ortofrutticola, segnalando altresì che tale condizione strutturale di tutta la nostra agricoltura costituisce un forte freno all’innovazione. Qualcuno ha denunciato, e a mio avviso con ragione, che tale frammentazione è un male anche della fase dell’intermediazione che riduce l’efficienza dei rapporti di filiera e concorre ad abbassare la qualità dei servizi al consumatore finale. Da parte di tutti si è sostenuta l’eccellenza delle nostre produzioni ortofrutticole, con riferimento soprattutto alla specificità delle condizioni pedoclimatiche del Paese, ma c’è stato anche chi ha inserito tra i freni allo sviluppo la bassa qualità della frutta e della verdura offerta al punto vendita. Pare quasi normale che chi vorrebbe mangiare pesche, nettarine, pere o kiwi acquistandoli nei reparti della GDO debba aspettare almeno una settimana, ma allora è anche normale che lo shopper si rivolga alle banane o alle mele, per di più sollecitato dalle innovazione varietali che arricchiscono l’offerta di questo frutto. Altri fattori negativi, su cui però la voce del comparto si unisce alla pressione di tutte le altre forze economiche, sono il costo della manodopera, la carenza di infrastrutture logistiche che rende difficile, soprattutto all’ortofrutta del Sud, di raggiungere velocemente e a costi sopportabili i mercati di commercializzazione, l’insufficienza di fondi pubblici destinati alla ricerca per affrontare le nuove fitopatologie e per adeguare la nostra agricoltura alle sfide della Farm2Fork .
Infine, più di uno ritiene che il freno più grande allo sviluppo del comparto sia rappresentato dall’incapacità di fare sistema a causa dell’individualismo di tutti gli operatori, che si riflette sullo scarso peso che il comparto ha sulla politica e, quindi, sull’attenzione che le Istituzioni rivolgono all’ortofrutta pur così importante per l’agricoltura italiana e per la nostra bilancia agroalimentare. Due esempi sono l’assenza del catasto ortofrutticolo, di cui si parla da anni, e il famoso Tavolo dell’Ortofrutta, definito “una babele” da uno degli intervistati.
E’ evidente, che le opportunità da cogliere sono il versante opposto dei freni allo sviluppo. Tutti sono d’accordo sull’importanza di elevare la qualità delle nostre produzioni, soprattutto, con riferimento alla qualità organolettiche, sulla necessità di segmentare l’offerta arricchendola di nuove varietà, sul ricorso alla comunicazione per elevare il valore del prodotto informando il consumatore delle sue caratteristiche qualitative e salutistiche al fine di posizionare meglio l’ortofrutta nelle scelte di acquisto. Dal lato dell’esportazione, c’è la richiesta dell’apertura di nuove mercati. Infine, tutti concordano sulla necessità di fare sistema attraverso l’aggregazione e migliorando i rapporti di filiera, che non devono essere basati solo sul prezzo.
Tutti sono ottimisti sulle prospettive del comparto nei prossimi 5 anni, perché le tendenze del consumo di ortofrutta, soprattutto dei giovani, stanno crescendo, sempre che si continui a migliorare la qualità, a sollecitare la domanda con nuove varietà e ad aggregare l’offerta. C’è anche chi ritiene che la nostra offerta possa essere vincente nell’area mediterranea per la sua qualità e la sua origine, perfino nei confronti della Spagna il nostro più importante concorrente.
Le risposte date sono interessanti, perché oltre a confermare criticità da sempre ripetute (purtroppo), fanno anche dell’autocritica, che è sempre la via migliore per correggere gli errori di cui si ha preso coscienza. Il riferimento alla Spagna e ai nuovi mercati, che molti sperano che la nostra diplomazia riesca ad aprire, mi hanno spinto a prendere in mano i dati di import/export di FEPEX, l’organizzazione di rappresentanza degli operatori spagnoli. Su 14.494 milioni di Euro di ortofrutta esportata nel 2020, il 92% è diretta sui 27 mercati della UE e il 7,48% su quelli extra UE, quindi anche verso l’UK, considerata già fuori in questa statistica. Praticamente verso i mercati extra UE, la Spagna esporta in valore quasi quanto invia sul mercato italiano (848 milioni di Euro). In tonnellate, le esportazioni spagnole nel 2020 confermano l’importanza del mercato UE e il dato dell’export verso i mercati extra UE è ancora più contenuto (6,48%). Se consideriamo che l’export spagnolo di frutta è il 49% della produzione del Paese (CSO Italy) e che l’import complessivo di ortofrutta è stato nel 2020 pari al 21% dell’export, appare chiaro che la produzione spagnola è vocata all’export e soprattutto verso i mercati UE. In Italia la situazione è molto diversa, le esportazioni di frutta sono solo il 15% della produzione del Paese (CSO Italy) e in totale, frutta, legumi e ortaggi, arrivano in valore a circa 5 miliardi di euro (Fruitimprese) a fronte di un import che supera di poco i 4 miliardi, di cui la frutta tropicale e la frutta secca sono circa il 50%. Da notare, poi, che negli ultimi 5 anni l’export italiano di ortofrutta è calato continuamente in quantità (-20%) e nel 2020 è ritornato sui valori del 2016 dopo alcuni anni di flessione. Insomma, l’export è molto importante per la produzione italiana di ortofrutta, perché considerata la concorrenza della produzione importata e l’andamento variabile delle rese, sul mercato nazionale si avrebbero dei momenti di forte eccedenza dell’offerta.
Tuttavia la vera competizione per la nostra produzione avviene proprio sul mercato nazionale, per cui è indispensabile che i freni alla produzione e al mercato dell’ortofrutta denunciati dalle interviste del “Corriere Ortofrutticolo” vengano finalmente risolti, anche perché la concorrenza della Spagna sta diventando sempre più pericolosa.

Corrado Giacomini

*economista agrario, Comitato di indirizzo del Corriere Ortofrutticolo

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