La vicenda dei pomodorini presunti ‘marci’ distribuiti agli alunni nell’ambito del progetto ‘Frutta nelle scuole’ (leggi news 1 e 2) richiama quella dello scandalo riguardante l’ex capo di gabinetto al Ministero Giuseppe Ambrosio (leggi news).
Quest’ultimo episodio è correlato alla rete di corruzione e tangenti che prosperava all’ombra dei finanziamenti pubblici distribuiti per iniziative di informazione e di comunicazione per la valorizzazione delle produzioni agricole nazionali, per la tutela della salute dei consumatori e per l’educazione alimentare. Tra i bandi di gara che sarebbero stati oggetto di accordo corruttivo si citano “Food4u” (campagne per una consapevole alimentazione) e appunto “Frutta nelle scuole”.
Ora sui pomodorini e sulle responsabilità effettive (chi ha sbagliato e perché) attendiamo l’esito di analisi e indagini, così come per decidere se Ambrosio è colpevole o no attendiamo il giudizio dei magistrati. Una cosa però è certa: per spiegare ai bambini le virtù della frutta lo Stato ha speso qualcosa come 17 milioni di euro. Una cifra enorme a fronte di quali risultati? I nostri ragazzi sono diventati tutti fan di mele, pere e kiwi? Non sembra a vedere le statistiche sui consumi che registrano i livelli più bassi negli ultimi dieci anni. Forse quei soldi si potevano spendere meglio, magari promuovendo piatti a base di frutta e verdura nelle trasmissioni televisive dove cuochi stellati e no spadellano a ogni ora del giorno e della notte. O finanziando iniziative intelligenti di marketing legate alla salute e al benessere, oggi tanto di moda. Capiamo che “Frutta nelle scuole” porta sollievo ai bilanci di molte imprese, però notizie come quelle sui pomodorini rischiano di diventare degli autogol devastanti per il settore.
Non abbiamo dubbi che il nuovo ministro De Girolamo (avvocato) si impegnerà a fondo sul tema della legalità, come ha già annunciato di voler fare. E quindi farà pulizia al Ministero e terrà questi finanziamenti sotto la lente di ingrandimento. Però qui serve una svolta complessiva in tema di comunicazione dell’ortofrutta. Finora (come scriviamo da anni e abbiamo ripetuto sul Corriere di aprile) ci siamo gingillati con una comunicazione istituzionale, generica, banale oltre ogni limite. Tant’è che il claim di fondo è sempre lo stesso: comprate la frutta perchè fa bene. E’ evidente che siamo all’abc della comunicazione. Lo diciamo ormai da anni: il settore ha un’immagine scadente presso la pubblica opinione, in alcuni casi negativa, il che è incredibile per alimenti che sono un toccasana per la salute, che costano poco, che sono un baluardo della Dieta mediterranea.
Questi scandali e scandaletti fanno capire che siamo davvero ‘alla frutta’, con le spalle al muro. L’esigenza di non dico di invertire la rotta ma almeno di affrontare il problema è orizzontale, interessa tutto il settore. Perché i tanti organismi di rappresentanza (Aci, centrali cooperative, privati di Fruitimprese, unioni nazionali di Op, Cso, e chi più ne ha più ne metta) invece di un convegno spesso inutile, non aprono un tavolo per parlare di un tema così caldo? Forse perché spendere i soldi in maniera così banale fa comodo a tutti?
Via al bando del Masaf "Frutta e verdura nelle scuole" con 14 milioni di dotazione. A scanso di equivoci sarà bene specificare Frutta e verdura "fresca" nelle scuole *
QUEI POMODORINI “MARCI” E LA FRUTTA D’ORO NELLE SCUOLE
La vicenda dei pomodorini presunti ‘marci’ distribuiti agli alunni nell’ambito del progetto ‘Frutta nelle scuole’ (leggi news 1 e 2) richiama quella dello scandalo riguardante l’ex capo di gabinetto al Ministero Giuseppe Ambrosio (leggi news).
Quest’ultimo episodio è correlato alla rete di corruzione e tangenti che prosperava all’ombra dei finanziamenti pubblici distribuiti per iniziative di informazione e di comunicazione per la valorizzazione delle produzioni agricole nazionali, per la tutela della salute dei consumatori e per l’educazione alimentare. Tra i bandi di gara che sarebbero stati oggetto di accordo corruttivo si citano “Food4u” (campagne per una consapevole alimentazione) e appunto “Frutta nelle scuole”.
Ora sui pomodorini e sulle responsabilità effettive (chi ha sbagliato e perché) attendiamo l’esito di analisi e indagini, così come per decidere se Ambrosio è colpevole o no attendiamo il giudizio dei magistrati. Una cosa però è certa: per spiegare ai bambini le virtù della frutta lo Stato ha speso qualcosa come 17 milioni di euro. Una cifra enorme a fronte di quali risultati? I nostri ragazzi sono diventati tutti fan di mele, pere e kiwi? Non sembra a vedere le statistiche sui consumi che registrano i livelli più bassi negli ultimi dieci anni. Forse quei soldi si potevano spendere meglio, magari promuovendo piatti a base di frutta e verdura nelle trasmissioni televisive dove cuochi stellati e no spadellano a ogni ora del giorno e della notte. O finanziando iniziative intelligenti di marketing legate alla salute e al benessere, oggi tanto di moda. Capiamo che “Frutta nelle scuole” porta sollievo ai bilanci di molte imprese, però notizie come quelle sui pomodorini rischiano di diventare degli autogol devastanti per il settore.
Non abbiamo dubbi che il nuovo ministro De Girolamo (avvocato) si impegnerà a fondo sul tema della legalità, come ha già annunciato di voler fare. E quindi farà pulizia al Ministero e terrà questi finanziamenti sotto la lente di ingrandimento. Però qui serve una svolta complessiva in tema di comunicazione dell’ortofrutta. Finora (come scriviamo da anni e abbiamo ripetuto sul Corriere di aprile) ci siamo gingillati con una comunicazione istituzionale, generica, banale oltre ogni limite. Tant’è che il claim di fondo è sempre lo stesso: comprate la frutta perchè fa bene. E’ evidente che siamo all’abc della comunicazione. Lo diciamo ormai da anni: il settore ha un’immagine scadente presso la pubblica opinione, in alcuni casi negativa, il che è incredibile per alimenti che sono un toccasana per la salute, che costano poco, che sono un baluardo della Dieta mediterranea.
Questi scandali e scandaletti fanno capire che siamo davvero ‘alla frutta’, con le spalle al muro. L’esigenza di non dico di invertire la rotta ma almeno di affrontare il problema è orizzontale, interessa tutto il settore. Perché i tanti organismi di rappresentanza (Aci, centrali cooperative, privati di Fruitimprese, unioni nazionali di Op, Cso, e chi più ne ha più ne metta) invece di un convegno spesso inutile, non aprono un tavolo per parlare di un tema così caldo? Forse perché spendere i soldi in maniera così banale fa comodo a tutti?
Lorenzo Frassoldati
direttore Corriere Ortofrutticolo
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