"Ferrovia" fuori binario. In Puglia, nel Barese, esplode la guerra fra produttori di ciliegie ed aziende che l’oro rosso lo esportano. I primi contestano che dopo un’annata di lavoro il prodotto sia venduto anche a 40 centesimi al chilo. Un prezzo insostenibile per sopportare le spese della manodopera e le tasse.
I secondi replicano sostenendo che quest’anno a causa dei rigori invernali c’è sovrapproduzione e che la ciliegia ha avuto difficoltà di maturazione e sviluppo. Quindi, la qualità ne risente, dicono gli esportatori. Il che fa calare i prezzi. I produttori ribattono che le aziende esportatrici accumulano enormi quantità di prodotto per far sì che l’offerta aumenti facendo calare il prezzo. Tutto questo si inserisce nel contesto della produzione mondiale di ciliegie, con enormi quantità di prodotto in arrivo da Turchia, Spagna e Grecia a prezzi e qualità competitivi. L’epicentro della protesta è il triangolo Sammichele, Turi e Conversano. Tuttavia, l’intero sud est barese, da Gioia ed Acquaviva sino a Polignano è in subbuglio.
Oronzo Dalfino, proprietario di Sammichele, propone la nascita di un sindacato che raduni tutti i produttori. Chiede al nascente governo regionale una legislazione che disciplini la materia. Maria Spada e Nico Gianni gli fanno eco da Turi proponendo un consorzio. Questo dovrebbe vincere, però, una serie di ataviche resistenze tipiche del Meridione. Il cooperativismo con le cantine sociali e quelle olivicole è fallito in questi paesi per cattiva gestione ed anche perché gli stessi soci spesso non hanno creduto a sufficienza nel progetto.
"Sotto i due euro al chilo in media non acquistiamo mai – dice uno dei titolari della famiglia Pernice, esportatori a Turi – è una cosa non vera quella dei 40 centesimi". Il problema vero è che al fruttivendolo di Milano o Torino un chilo di ciliegia non si acquista a meno di 5 o 6 euro al chilo. In ogni caso, nel Mezzogiorno restano le briciole di un lavoro durato un anno. "Se il produttore mi porta una ciliegia ferrovia di 30 millimetri di diametro gliela pago anche 3 euro al chilo – ribatte Nicola Giuliano – lei pensi che ieri l’ipermercato mi ha pagato 95 centesimi a cestino le ciliegie mentre nel 2014 era 1,80 e questo perché c’è sovraproduzione mondiale".
Interviene la politica. Nino Marmo, consigliere regionale dice: "La depressione dei prezzi delle ciliegie può essere causata anche da un eccesso di produzione. In questi anni, si sono moltiplicati i produttori: chi aveva un anche un fazzoletto di terra ha deciso, ovunque, di coltivarlo a ciliegi". Spiega: "Ciò è avvenuto senza programmazione e senza una regia in grado di indirizzare coloro che avevano intenzione di avviare un’attività agricola di questo tipo. Ovvero, solo per imitazione".
Rivolto a Michele Emiliano: "non ci aspettiamo chissà cosa da un governo regionale in continuità con il precedente, ma certamente lo invitiamo ad incontrare a stretto giro le associazioni di categoria per avviare un percorso di dialogo e di seria programmazione". Conclude: "Non si può lasciare il mondo agricolo in balia di se stesso senza una guida che lo colleghi al mercato".
Le associazioni di categoria ACLI, Terra, CIA, Confagricoltura, Copagri, Federagri. hanno chiesto un tavolo di confronto immediato al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (nella foto) e al sindaco della Città Metropolitana Antonio Decaro, "per denunciare la stortura dei prezzi delle ciliegie riconosciuti ai produttori non giustificati dai successivi prezzi al dettaglio per i consumatori. Le ciliegie Ferrovia stanno subendo un deprezzamento continuo fino agli 80 centesimi al chilo della giornata di mercoledì 10 giugno, che tutti i sacrifici di lavoro ed economici sopportati dagli agricoltori non hanno sortito i risultati sperati, che tutte le spese sostenute per ottenere le certificazioni di qualità tanto richieste dal mercato si sono rivelate inutili e che con i prezzi attuali non c’è più certezza del reddito". (fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno, Agi)