PRODUZIONE SENZA GIUSTO REDDITO: “SERVE DARE EQUILIBRIO ALLA CATENA DEL VALORE E SNELLIRE LA FILIERA”

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Su 100 euro spesi dal consumatore solo 7,7 rimangono in tasca al produttore. È l’allarme (leggi news) che lancia Cia nel presentare i risultati di una ricerca Ismea: “Occorre riequilibrare la catena del valore che rappresenta un enorme problema irrisolto nella catena del valore italiana”, afferma l’organizzazione sindacale in una nota.

“È una questione annosa – precisa la Cia a conclusione del webinar da lei organizzato, dal titolo ‘Il valore dell’ortofrutta, dalla filiera al sistema’ che si è tenuto ieri pomeriggio, negli studi di Tele Romagna – che va necessariamente affrontata, senza ulteriori indugi, per dare vita a un nuovo ‘patto di sistema dell’ortofrutta italiana’ più equo, moderno, efficiente, e rispondere così alle prossime sfide economiche e ambientali legate al Green Deal europeo che richiedono sempre maggiori standard di sostenibilità”.

L’incontro è il primo dei due appuntamenti del settore per supportare l’Anno Internazionale della frutta e della verdura 2021 promosso dalla Fao.

La deperibilità, i costi esterni come energia, packaging e trasporti, la complessità delle relazioni tra gli attori, la frammentazione della filiera e la difficoltà ad attuare strategie condivise di sistema, sono tutti fattori che condizionano negativamente l’acquisizione del giusto reddito per i produttori ortofrutticoli. Per questo, secondo Cia, ora è tempo di riequilibrare la ripartizione del valore a beneficio degli agricoltori e, per farlo, è necessario stimolare processi di aggregazione tra i produttori e costruire relazioni più equilibrate e innovative tra tutti i soggetti del sistema ortofrutticolo, compresa la distribuzione.

“In un contesto di progressivo calo dei consumi ortofrutticoli soprattutto tra i giovani – ha affermato Nazario Battelli, rappresentante legale di Ortofrutta Italia, la bistrattata Interprofessione ortofrutticola nazionale – e in fase di riprogrammazione PAC, serve un meccanismo di promozione dei consumi, di carattere politico. In questo contesto è evidente che dobbiamo fare un salto di qualità sia sul ruolo dell’Interprofessione che del rapporto con la politica. La stessa OCM deve fare un salto di qualità e non può più accontentarsi solo degli esempi virtuosi. Come portare a casa l’aumento di valore della produzione in termini di maggiore marginalità al produttore? Servono accordi strategici che mettano insieme i rappresentanti del settore primario come gli intermediari e la distribuzione, oltre a sani accordi di prospettiva di semplificazione sul tema imballaggi e sulla miriade di certificazioni di processo e di redditi. In questo, il luogo deputato, anche per stimolare questo dialogo non può che essere il tavolo interprofessionale”.

“Forse il tema della convenienza è un tema su cui dobbiamo ragionare – ha detto Carlo Alberto Buttarelli, direttore dell’ufficio studi e relazione di filiera di Federdistribuzione che registra oltre 60 miliardi di euro di fatturato e unisce insegne quali Esselunga, Carrefour, Unes, Selex, Pam, Penny Market, ecc. – in un contesto di contrazione dei consumi dovuto allo stop del canale Horeca a causa del Covid, che si affianca a quello della sicurezza. Se, tra il 2011 e il 2017 l’agricoltura ha perso il 5% della redditività, la distribuzione ha perso quasi il 10% In questo contesto, il vantaggio dei produttori che lavorano con la Gdo, non bisogna dimenticarlo, è quello di un rapporto stabile e di lungo periodo. D’altro canto, non bisogna per forza puntare il dito contro la Gdo. Ricordiamo che Federdistribuzione ha promosso delle iniziative parlamentari contro le aste al doppio ribasso e le pratiche sleali siglando, su quest’ultimo punto, anche un accordo con la parte agricola per la prossima applicazione della direttiva UE”.

La distanza tra il prezzo di produzione e quello a scaffale continua ad essere imbarazzante, stante il margine netto risicato che rimane al produttore, che peraltro è il motore di tutto il comparto.

“Più che di disaggregazione della filiera – spiega il presidente di Cia Emilia-Romagna, Cristiano Fini – forse è il caso di parlare di enorme dispersione dentro la filiera, un fatto che è sotto gli occhi di tutti. Non intendiamo puntare il dito contro nessuno, piuttosto l’invito che facciamo oggi, è quello di creare un sistema che coinvolga tutti gli attori della filiera per non perdere un patrimonio nazionale che si chiama ortofrutta made in Italy”.

Un obiettivo in linea con la Fao che, con l’Anno Internazionale della Frutta e della Verdura 2021, vuole da un lato stimolare il consumo di frutta e verdura e, dall’altro, evidenziare come le catene di valore sostenibili e inclusive possono contribuire ad aumentare la produzione, a migliorare la disponibilità, la salubrità, l’accessibilità economica e la parità di accesso alla frutta e alla verdura, al fine di promuovere la sostenibilità economica, sociale e ambientale.

“Bisogna puntare ad ottimizzare e ridurre i passaggi lungo la filiera – ha detto Dino Scanavino, presidente di Cia-Agricoltori italiani nelle conclusioni – per avvicinare il produttore al consumatore. Il contesto attuale, nella sua complessità, ci porta a doverci misurare con una serie di difficoltà all’origine che riducono in modo esponenziale il nostro potere contrattuale dentro filiera. Dobbiamo arrivare anche a programmare le nostre produzioni ortofrutticole tenendo conto che i governi inizieranno ad immaginare relazioni anche con i Paesi concorrenti soprattutto nell’area del Mediterraneo. In questo, trovare condivisioni di percorsi che riducano competitività su volumi e prezzi specie in determinati momenti delle campagne. Questo è il problema di fondo: non sapere quanto prodotto andrà in commercio in un dato periodo come accade invece nei sistemi organizzati. Significa avere una scarsa capacità di relazione, prima di tutto e poi anche di programmazione produttiva”.

Mariangela Latella

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