PRIVATIVA SU UVE SENZA SEMI, PRODUTTORE LIBERO DI SCEGLIERE I CANALI DISTRIBUTIVI (DICE LA CASSAZIONE)

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9429/2024, ha chiuso una risalente controversia tra un’impresa pugliese e la multinazionale californiana Sun World International LLC, leader mondiale nel breeding di nuove varietà di uva senza semi e, in particolare, titolare di una privativa europea sulla varietà vegetale denominata “Sugranineteen”, che produce uva rossa da tavola senza semi, commercializzata sotto il marchio registrato “Scarlotta seedless”.

Nel 2015, l’azienda agricola italiana aveva ottenuto dalla società americana, titolare dei diritti di privativa, la licenza per produrre tale varietà di uva. Tuttavia, a causa di un’annata climatica sfavorevole, il raccolto era stato parzialmente danneggiato e il distributore autorizzato da Sun World si era rifiutato di acquistare l’intera produzione dell’impresa agricola pugliese, la quale – per evitare di perdere il prodotto – lo aveva venduto a un distributore non autorizzato.
La multinazionale californiana, ritenendo che tale operazione commerciale violasse il contratto di licenza, avvalendosi della clausola compromissoria contenuta in contratto, avviava quindi un procedimento arbitrale presso la Camera Arbitrale di Milano, chiedendo che venisse accertato il grave inadempimento dell’azienda agricola italiana per aver commercializzato l’uva al di fuori della rete di distributori autorizzati. Gli esiti di tale procedimento arbitrale venivano definiti da un lodo che , accogliendo le tesi della società statunitense, ingiungeva all’impresa pugliese l’espianto dei vitigni Sugranineteen dai propri campi. La decisione fu confermata anche dalla Corte d’Appello di Milano. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con il recente provvedimento, ha ribaltato la situazione, affermando che il diritto di privativa sul materiale vegetale riguarda solo i costituenti varietali (nel caso, le piante), mentre il produttore è libero di scegliere i canali distributivi per i frutti (c.d. materiale del raccolto). La Cassazione ha rinviato la causa al riesame da parte della Corte di Appello di Milano che dovrà rivedere nel merito la propria decisione sulla base di quanto espresso in sentenza.

In particolare, nel provvedimento – alla luce dei principi elaborati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella nota sentenza del 19 dicembre 2019, riferita al caso Nadorcott (una varietà di mandarino senza semi) – è stata dichiarata la nullità delle clausole contrattuali che avevano limitato la facoltà di scelta dei canali distributivi da parte dei produttori, per contrarietà all’ordine pubblico e al diritto comunitario. La Suprema Corte, uniformandosi all’interpretazione fornita dalla Corte di Lussemburgo, ha stabilito che – una volta esaurito il diritto di privativa su una varietà vegetale, ovvero quando la varietà viene legalmente piantata e concessa in licenza – il produttore può liberamente vendere il frutto pendente di tale pianta a chiunque, senza richiedere ulteriori autorizzazioni al titolare della licenza. Si tratta della conseguenza dell’applicazione dei princìpi espressi dall’ordinamento europeo, alla luce delle interpretazioni offerte dalla Corte di giustizia, che tende a censurare pesantemente le condizioni contrattuali imposte da un monopolista (qual è – in effetti – il titolare della privativa vegetale) laddove non siano consentite da specifiche disposizioni.
In particolare, la Suprema Corte ha rilevato la portata dei provvedimenti pregiudiziali della Corte lussemburghese, attribuendo a quelle decisioni capacità estensiva nei confronti di altri procedimenti, in ragione di una loro efficacia erga omnes in grado di garantire l’uniforme applicazione dell’interpretazione del diritto dell’Unione. La Cassazione ha, così, inteso censurare le previsioni contrattuali capaci di realizzare uno squilibrio a vantaggio del titolare del diritto, con conseguente violazione dei princìpi fondamentali di equità e concorrenza. In particolare, il Collegio romano ha osservato che – una volta autorizzato l’uso dei costituenti varietali – il titolare del diritto di privativa perde ogni potere dispositivo sul “materiale del raccolto” nella misura in cui questo consista in frutti che non possono, a loro volta, costituire materiale di moltiplicazione (produzione o riproduzione) della varietà, in applicazione delle disposizioni dettate dal regolamento (CE) 2100/94, che disciplina la privativa comunitaria per ritrovati vegetali
La recente sentenza è stata accolta con favore da parte delle associazioni agricole, che vedono nella decisione un passo avanti verso un mercato ortofrutticolo più equo e trasparente. Gli agricoltori potranno valorizzare al meglio il proprio lavoro, senza subire imposizioni da parte delle grandi aziende sementiere. Tuttavia, la decisione può avere imprevedibili ricadute a livello di filiera. Anche nell’ottica del principio del bilanciamento (spesso richiamato in ambito europeo), è necessario, pertanto, trovare un nuovo equilibrio tra breeder e produttori che tuteli gli interessi di tutti gli attori coinvolti, garantendo un mercato sostenibile e competitivo.
Vi è preoccupazione anche fra i club di prodotto per eventuali ricadute su queste organizzazioni che, allo stato, rappresentano uno dei pochi strumenti a disposizione dei produttori in grado di garantire loro un’equa remunerazione. Tuttavia, ragionevolmente, se i principi enunciati dalla pronuncia in questione sono stati, in passato, già oggetto di compiuta valutazione da parte dei titolari di privativa, non vi dovrebbe essere alcuna conseguenza negativa. L’esistenza dei club varietali ben strutturati è, infatti, basata su presupposti non toccati dal provvedimento in esame, che analizza una questione specifica. I club rivestono un ruolo importante (mai messo in dubbio a livello eurounitario) nel supportare gli agricoltori attraverso la condivisione di conoscenze, l’accesso a nuove varietà e la promozione dei prodotti tra i consumatori e gli acquirenti, anche grazie alla promozione di marchi in grado di far cogliere appieno la qualità e le caratteristiche del prodotto. La loro azione consente di bilanciare, per lo meno in parte, l’asimmetria contrattuale che caratterizza negativamente il rapporto di filiera tra produttori agricoli, intermediari e GDO.

di Gualtiero Roveda* e Andrea Sirotti Gaudenzi**

*avvocato, giornalista pubblicista

** avvocato, docente universitario

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