PREZZI E CONSUMI FANNO CRAC? FACCIAMO UN “PATTO”

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Crisi dei consumi: serve un patto col consumatore. Crisi di pesche e nettarine: serve un patto con la Gdo. Crisi delle patate: serve un altro patto con la Gdo. Troppe fiere: serve un patto tra gli enti fieristici magari con la benedizione del Ministero. Poi è ovvio che per fare tutti questi ‘patti’ il mondo produttivo e commerciale dovrebbe fare patti al proprio interno e mettersi d’accordo con se stessi.

Ormai quando sento e leggo che un ‘esperto’ propone un patto con qualcuno vengo colto da un attacco di orticaria. Il povero Craxi diceva che quando non si vuole o non si sa risolvere un problema in Italia si fa una commissione. Adesso evocare la necessità di un qualunque patto nasconde una desolante mancanza di idee e proposte; una formuletta di rito che viene buona quando non si sa più cosa dire e cosa proporre. Già viviamo tempi difficili per tutti, famiglie e imprese. Già non si vede traccia di provvedimenti che possano rilanciare crescita, consumi, sviluppo e occupazione. Ci affidiamo a politiche pubbliche (i famosi 300 miliardi promessi da Juncker) che spesso lasciano il tempo che trovano. Serve ridare fiducia e stimoli positivi ai privati, che sono il vero motore dell’economia del Paese: senza i loro investimenti non si va da nessuna parte.

E’ anche vero che in Italia non c’è (non c’è mai stato) un contesto favorevole allo sviluppo di imprese, tranne forse negli anni Sessanta, nell’Italia del boom. L’agricoltura, l’agroalimentare – al di là della fuffa che viene raccontata – soffre di crisi congiunturali e di mali cronici cui non si riesce a mettere mano per l’incapacità di fare squadra di una rappresentanza debole e frammentata, preoccupata solo di difendere ciascuno la propria bottega, cui fanno da contrappunto un ministero a pezzi, una burocrazia caotica che fa danni al sistema-Italia e la forza disgregante delle venti politiche regionali legate al protagonismo dei vari granduchi-assessori. La rappresentanza agricola è ferma, ingessata al secondo dopoguerra: in Emilia sta nascendo una Confindustria regionale mentre nelle nove province resistono 3-4-5 organizzazioni agricole, ognuna con uffici, patronati, ecc e quando si fa un tavolo non ci sono sedie sufficienti per tutti.

Poi quando si parla di produzioni agricole arrivano in televisione cuochi, saltimbanchi, maghi e illusionisti, come quell’esponente delle associazioni dei consumatori – molto invitato perché piacciono i suoi toni tribunizi – che chiede perentoriamente che i prodotti di alta qualità costino poco (“devono essere accessibili a tutti”), tesi sostenuta a suo tempo anche dal guru supremo del radical-chic alimentare Carlin Petrini. L’uomo della strada non sa cosa c’è dietro – in termini economici, organizzativi, socio-ambientali – a una confezione di uva da tavola, o a una padella di pesche o pere o a una cassetta di mele, o a un cestino di pomodorini. E manco i diretti interessati, i produttori, si preoccupano di raccontarlo. Però tutti sentenziano e quando arriva il crac – che arriva quasi sempre – c’è sempre qualche ‘esperto’ che propone un ‘patto’. Pura, definitiva, esilarante aria fritta.


Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

lorenzo.frassoldati@corriere.ducawebdesign.it

 

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