E’ prevista entro la fine di gennaio la convocazione di un tavolo, con il coinvolgimento ministeriale, per discutere del prezzo all’industria delle arance dopo che i produttori e le loro OP, in particolare siciliane, hanno lanciato un grido di allarme per il prezzo di acquisto praticato dai trasformatori nella stagione agrumicola corrente.
Si parla di 12 centesimi al chilo e attorno a questo prezzo i trasformatori avrebbero fatto cartello. Sono condizioni non accettabili da parte della produzione aggregata, che deve fare i conti con un’annata che presenta per il 30-40% frutti di piccola dimensione che trovano proprio nell’industria la loro più naturale – quasi esclusiva – destinazione.
Dodici centesimi al chilo è un prezzo sotto i costi di produzione e date le caratteristiche della campagna di quest’anno, se le condizioni dell’industria non dov’essere cambiare, il danno globale per l’agrumicoltura nazionale sarebbe enorme. Il puro costo di raccolta e trasporto di un chilo di arance in campagna non è inferiore ai 9 centesimi al chilo. I numerosi agrumicoltori iscritti alle Organizzazioni di Produttori (OP) si stanno chiedendo se valga ancora la pena di restare nell’aggregazione se la remunerazione (nel caso l’OP trattenga zero per i suoi servizi) è di 3 centesimi. E’ opinione diffusa nelle OP siciliane che affinché il sistema aggregato possa funzionare il prezzo non dovrebbe mai scendere sotto i 25 centesimi, piuttosto attestarsi sui 30.
Nella precedente campagna l’industria ebbe un atteggiamento completamente diverso (indubbiamente anche perché le quantità disponibili erano decisamente inferiori): in primo luogo non fece cartello, in secondo luogo perché i prezzi praticati sulle diverse piazze di acquisto oscillarono da un minimo di 18-22 centesimi al chilo fino a un massimo di 26.
Nessuno mette in discussione – affermano alcuni dei grandi produttori siciliani – la libertà di mercato, ma non si può parlare un giorno sì e l’altro pure di equa distribuzione delle risorse lungo la filiera, di sostenibilità economica delle produzioni agricole, se poi il carico dei sacrifici ricade sempre su chi produce e non vengono garantite ai frutticoltori nemmeno le condizioni minime per rientrare dai costi.
Il segnale ai decisori politici e alle autorità ministeriali è partito. Gli agrumicoltori attendono una risposta, in particolare si appellano al ministro Teresa Bellanova affinché intervenga.