A ottobre l’inflazione è risalita segnando un +0,9% sebbene, osserva l’Istat, in “un quadro di stabilità congiunturale”. L’istituto di statistica precisa però che “nel comparto alimentare la dinamica tendenziale dei prezzi risulta in accelerazione (+2,4% da +1,1% di settembre), con effetti che si manifestano sul ‘carrello della spesa’ (+2,2% da +1%)”.
L’Istat sottolinea lo scatto in avanti dell’ortofrutta e in particolare della frutta fresca o refrigerata che che passa da -0,6% a +2,8% annuo e, da settembre, con u +4,2% e soprattutto dei vegetali freschi o refrigerati. Quest’ultimi da un -2,2% sono schizzati ad un +8,8%, segnando un +8,7% congiunturale.
Nello specifico gli aumenti di prezzo più significativo su registrano su pesche e nettarine con un +20% e sulle pere con un +11%. Forte incremento rispetto al mese precedente per le zucchine: +74,8% rispetto allo scorso anno. Aumenti mensili consistenti anche per le melanzane (+65%) e per i pomodori da insalata (+37%).
Per Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, la “tendenza è estremamente preoccupante”, nel senso che “è molto grave la fotografia restituita dal confronto tra i prezzi alimentari alla produzione e al consumo”. Infatti, i prezzi al consumo dell’alimentare lavorato salgono dall’1,5% tendenziale di settembre al 2% di ottobre, mentre quelli alla produzione passano da un tendenziale di agosto del -0,2% ad un crollo di settembre del -1,5%. “Inaccettabile – prosegue Scordamaglia – che la forbice raggiunga i 3,5 punti percentuale: questo vuol dire che soprattutto una parte della distribuzione italiana continua ad aumentare i prezzi al consumatore e a pagare sempre meno chi produce, che non riesce quindi a compensare i propri costi di produzione aggravati anche dagli eventi climatici estremi a cui stiamo assistendo”.