PRATICHE SLEALI, RISULTATI DELUDENTI. VA RIVISTO IL DIRITTO ANTITRUST UE A TUTELA DEGLI AGRICOLTORI VERSO LA GDO

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di Gualtiero Roveda

La protesta agricola in Italia esprime in modo manifesto il malcontento degli agricoltori, sempre più relegati in una posizione svantaggiata all’interno della complessa filiera agroalimentare, dove rappresentano l’anello più debole.

Tale protesta riflette un crescente disagio, in sintonia con quello evidenziato anche dagli agricoltori di altri Paesi europei al termine di un difficile 2023, caratterizzato da eventi climatici estremi, politiche ambientali più stringenti e insufficiente remunerazione dei prodotti. Le motivazioni di questa mobilitazione sono diverse, spaziando dalle speculazioni commerciali – manifestazione di buyer power -, alla politica fiscale, a una PAC inadeguata nel supporto alle piccole e medie imprese, al Green Deal e alla concorrenza dei prodotti asiatici, africani, sudamericani. Il fulcro della protesta è rappresentato dall’inefficacia del sistema attuale nel garantire a gran parte degli agricoltori, quale corrispettivo per i loro sacrifici, un reddito dignitoso.
Nel periodo dal 2016 al 2021 nel nostro Paese, circa quattromila aziende agricole, pari al 31%, hanno interrotto la loro attività. Al contempo, la Superficie Agricola Utilizzabile (SAU) ha registrato una diminuzione del 2,5%, mentre le aziende ancora operanti hanno registrato un aumento delle dimensioni.
La distribuzione del Valore Aggiunto relativa ai prodotti ortofrutticoli freschi (cioè l’incremento di valore che si verifica nell’ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi finali grazie all’utilizzo dei fattori produttivi) tra i soggetti della filiera dal 2009 al 1° febbraio 2024 evidenzia un trend di guadagno di quota della GDO con + 2,2% a fronte di una rilevante perdita di quella dell’Agricoltura con – 6,3 %.
L’articolo 62 d.l. n. 1/2012 aveva introdotto una disciplina volta a mitigare il problema dell’asimmetria negoziale tra produttori agricoli, intermediari e Grande Distribuzione. Tuttavia, tale iniziativa è rimasta inefficace per mancanza di denunce e accertamenti d’ufficio. Il d.lgs. n. 198/2021, in attuazione di una Direttiva UE, ha rivisto la materia e trasferito la competenza per l’attività di controllo dalla AGCM all’ICQRF. Il decreto disciplina le relazioni commerciali e contrasta le pratiche sleali tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli e alimentari, definendo una serie di pratiche vietate, in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza. Tra queste è compresa quella che impone al venditore di cedere prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione. Problema più volte denunciato nell’ambito delle proteste.
Al momento, tuttavia, i risultati nel complesso non sembrano incoraggianti. Nei giorni scorsi, nell’apposita sezione del sito internet del Ministero delle politiche agricole, sono stati finalmente pubblicati i provvedimenti sanzionatori inflitti dall’Autorità di controllo, analogamente a quanto avviene sul sito del Garante per la protezione dei dati personali. Dal 2 novembre 2023 al 22 febbraio 2024 sono state irrogate sei sanzioni amministrative, di cui quattro alla stessa impresa per un importo complessivo di 5.562,61 euro. Eppure, pare che ogni anno le pratiche commerciali sleali provochino danni che superano i 350 milioni di euro nell’intera filiera agricola e alimentare.
La disciplina delle “pratiche sleali”, accolta con favore e ingenuo ottimismo, pare il classico pannicello caldo al moribondo. È, invece, ragionevolmente necessario rivisitare l’intero impianto del diritto Antitrust della UE e temperare gli effetti negativi dell’annosa asimmetria di potere contrattuale nel comparto, causata dalla concentrazione della domanda nelle Centrali d’acquisto della GDO. È anche auspicabile che gli Stati Membri si adoperino per ripensare al progetto europeo, rafforzandone la costruzione. Le trattative per la PAC si sono svolte, sino ad oggi, nel tavolo negoziale del Consiglio, tra ministri nazionali dell’agricoltura, dotati di potere di veto, per lo più preoccupati di perseguire obiettivi specifici. Allo stesso modo, nel Parlamento europeo, non di rado i parlamentari, eletti su base nazionale, sono stati esclusivamente animati da visioni particolaristiche determinate da esigenze contingenti. È evidente che questo sistema non è più adatto alle sfide che la complessa realtà attuale ci impone.

*avvocato, giornalista pubblicista

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