‘Italia dispone di una serie di porti che "nonostante una normativa che risale a vent’anni fa, e a una programmazione dello sviluppo portuale e marittimo forse mai o parzialmente avvenuta per varie cause, riescono a non cedere". Ma non basta, occorre "avanzare e rendersi competitivi" e questo lo si può fare agendo su alcune leve, come "assicurare al sistema portuale italiano continuità di programmazione e snellimento burocratico".
E’ l’analisi contenuta nel primo rapporto annuale ‘Italian maritime economy: nuove rotte per la crescita’, presentato da Srm (Studi e ricerche Mezzogiorno), centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo. Frutto dell’attività di monitoraggio del nuovo Osservatorio permanente sull’economia dei trasporti marittimi e della logistica di Srm, inaugurato nel 2014, il rapporto si pone come obiettivo quello di dare un contributo alla comprensione del mondo dell’economia dei trasporti marittimi e della logistica, segnalando le nuove rotte verso cui l’Italia deve spingersi "per un Paese più competitivo, con un Mezzogiorno protagonista".
Tre i partner dell’Osservatorio: Federagenti, Unione industriali di Napoli e il Gruppo Grimaldi. Gli scenari economici del rapporto indicano per l’Italia rischi e opportunità: "Il primo fattore di cui tener conto – si legge – è rappresentato dalle infrastrutture portuali. L’Italia ha un’importante dotazione che riesce ad accogliere 477 milioni di tonnellate di merci, tra cui oltre 10 milioni di Teu", un quantitativo che piazza l’Italia "al terzo posto in Europa".
In termini di container l’Italia nel 2013 è tornata, dopo 4 anni, ad oltrepassare la soglia della doppia cifra, "ma non riusciamo ancora ad attestarci sui livelli pre-crisi del 2008 (10,5 milioni di Teu)". Rimane ancora il comparto delle rinfuse liquide, tipologia di merce che caratterizza maggiormente il sistema portuale italiano e che rappresenta il 40% del traffico totale. In questo contesto è importante il ruolo del Mezzogiorno che dispone di tre porti hub, Gioia Tauro, Taranto e Cagliari, e di altre realtà polifunzionali che hanno una movimentazione merci di rilievo. Il Sud, si legge nel rapporto, "rappresenta il 50% circa delle tonnellate di merci che attraccano sulle nostre banchine".
Ma a questi numeri che danno l’idea del peso che ha il sistema marittimo italiano in termini infrastrutturali, si contrappongono "dati che lasciano riflettere sul futuro della nostra economia marittima". Il primo fenomeno è rappresentato dal fatto che "solo il 6,3% dei volumi che transitano per Suez giungono in Italia, a causa dei ritardi e delle incertezze sui tempi di transito delle merci. Ciò si traduce in una perdita sia in termini di redditività per l’imprenditoria locale sia in termini di benefici per lo Stato". Una seconda riflessione è indotta dal fatto che "il volume delle merci, con origine o destinazione in Italia che transita per i porti del Nord Europa, ammonta a circa 440mila Teu e molte aziende nazionali scelgono gli scali esteri per la movimentazione dei loro carichi".