La Spagna vince il duello contro l’Italia sul fronte porti. Secondo gli ultimi dati ufficiali spagnoli riguardanti i primi sette mesi 2012, forniti da Puertos del Estado (l’organismo del governo che coordina la politica portuale), e quelli ufficiosi dei porti italiani, elaborati dal terminalista privato Contship Italia e pubblicati dal quotidiano “Il Sole 24 ore” il Paese iberico ha la meglio sullo Stivale.
In Spagna da gennaio a luglio la movimentazione di container è cresciuta del 4,73%, da 7,751 milioni di teu a 8,118 milioni. In Italia invece, dove nei primi sette mesi di quest’anno sono stati movimentati 5,626 milioni di teu, la tendenza è al ribasso. Secondo Contship c’è stata una flessione del 2,1% rispetto allo stesso periodo del 2011.
E se i due scali principali crescono, Genova del 14,2% e Gioia Tauro, specializzato nel trasbordo, del 5%, assieme a Trieste (+16,8%) e Napoli (+9,2%), i dati degli altri scali fanno pensare che si tratti semplicemente di uno spostamento e di una concentrazione di traffici all’interno del sistema italiano. Vicino a Genova, calano La Spezia (-6%), Livorno (-17,4%) e Savona (-45,4%), sempre secondo i dati Contship. Napoli e Salerno sono storicamente in altalena: quando un porto aumenta i traffici l’altro li perde. Quest’anno è Salerno a perdere il 18,4%. In Adriatico alla crescita di Trieste corrispondono le perdite di Venezia (-5,4%) e Ravenna (-5,2%).
In Spagna, nei primi sette mesi del 2012 sono in difficoltà gli scali catalani di Barcellona (-18,02%) e di Tarragona (-11,86%). Valencia, che nel 2010 e 2011 ha superato, primo nel Mediterraneo, i 4 milioni di teu, quest’anno resta stabile (+1,76%). Crescono invece i porti di transhipment di Algeciras (+22,32%, ma dopo anni di forte difficoltà) e Las Palmas (+6,34%) e quelli regionali di Bilbao (+9,33%) e Malaga (+27,69%).
Complessivamente il sistema portuale spagnolo acquista peso mentre quello italiano lo perde, nonostante che entrambe le economie nazionali versino in condizioni difficili. Nel secondo trimestre del 2012 il Pil dell’Italia è sceso dello 0,7%, quello della Spagna dello 0,4%. La differenza la fa probabilmente l’attenzione che la politica dedica a questo settore.
I porti spagnoli hanno quell’autonomia finanziaria che gli italiani reclamano da tempo. Nello stesso tempo, però, lo Stato è tutt’altro che assente. Puertos del Estado è un braccio del ministero dello Sviluppo di Madrid che coordina la politica portuale nazionale, mentre Assoporti è un’associazione di enti spesso divisi e che ha meno peso al tavolo politico.
Una speranza per l’Italia arriva dall’annunciato avvio della discussione parlamentare sulla riforma della legge dei porti, che è arrivata (ed è stata approvata, leggi news) in Senato. Resta da vedere quanto sarà incisivo il testo che verrà approvato e che ora passa al voto alla Camera. La legge da riformare risale al 1994, sono quindi passati quasi vent’anni, in un settore che è cambiato rapidamente e più volte, prima per effetto del boom cinese, poi per quello della crisi. Nel frattempo la Spagna ha già riformato per due volte e in maniera bipartisan la propria legge dei porti, la prima nel 2003 e la seconda lo scorso anno. (fonte: Avvisatore Marittimo)