POMODORO: REPLICA DI COLDIRETTI SULL’ORGANIZZAZIONE INTERPROFESSIONALE

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“Ci fa piacere che il presidente dell’organizzazione interprofessionale del pomodoro, Pierluigi Ferrari, abbia colto l’occasione delle dichiarazioni di Coldiretti per andare a rileggersi le normative europee e scoprire che compito dell’interprofessione non è il prezzo, ma la programmazione delle produzioni”. Così il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello commenta la replica di Ferrari alla denuncia di Coldiretti del fallimento dell’organizzazione interprofessionale (OI) del pomodoro che da anni non riesce a svolgere – sostiene Coldiretti – il suo ruolo di programmazione e valorizzazione del prodotto.

“È proprio vero – aggiunge Tonello – che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Le nostre critiche sono rivolte alla sistematica incapacità di programmare le produzioni, con incontri che si svolgono quando ogni produttore serio ha già deciso quanti ettari investire a pomodoro. La programmazione è il passo fondamentale da cui deriva un giusto equilibrio tra domanda e offerta e, quindi, una adeguata valorizzazione del prodotto lungo tutta la filiera. Ed è proprio in questo che l’OI pomodoro ha fallito. Come diceva Albert Einstein, ‘è folle continuare a fare le stesse cose sperando di ottenere risultati diversi’. Noi da anni insistiamo sull’interprofessione senza risultati concreti: per questo crediamo sia arrivato il momento di promuovere un vero e proprio distretto del pomodoro per salvare un prodotto di qualità insidiato da importazioni anonime”.

“La mancanza di programmazione – conclude Tonello – ha consentito un aumento delle importazioni di pomodoro dell’11,5% negli ultimi due anni, raggiungendo nel 2015 la cifra di 151,5 milioni di chilogrammi, favorendo la diffusione di prodotto di dubbia qualità, anche perché manca la trasparenza dell’origine. Per questo Coldiretti chiede l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, che attualmente per il pomodoro vale solo per la passata, ma non per il concentrato o per i sughi pronti. A rischio c’è uno dei settori simbolo del made in Italy nel mondo”.

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