ANICAV (l’Associazione degli industriali conservieri) e le Unioni nazionali (Italia Ortofrutta ed Unaproa) si sono incontrate con le OP loro associate, per un esame della situazione del comparto del pomodoro da industria. Si è registrata una forte preoccupazione dello stato della filiera, sia sul versante della produzione agricola sia su quello dell’industria di trasformazione.
Alla situazione generale di crisi che investe il Paese, infatti, si sommano le criticità specifiche del settore che stanno determinando una forte condizione di difficoltà nel sistema. In particolare sono state evidenziate:
– Una sofferenza sul fronte finanziario con forti limitazioni nell’accesso al credito, comune a tutti i settori produttivi italiani ma che nella filiera del pomodoro è particolarmente acuita;
– Un mercato del prodotto finito ancora in una fase di rallentamento nel quale non si leggono ancora segnali di inversione di tendenza;
– Un appesantimento delle scorte di magazzino, conseguenza del rallentamento mondiale dei consumi;
– Un incremento dei costi di produzione sia agricoli sia industriali che rendono il sistema paese poco competitivo rispetto agli altri grandi paesi produttori e trasformatori e che rischia di mettere la filiera italiana, faticosamente costruita nel corso degli anni, fuori mercato.
Queste considerazioni impongono, per la ormai imminente campagna di trasformazione, una grande attenzione alla programmazione delle quantità, attraverso un significativo contenimento delle superfici, in modo da ridurre i quantitativi di pomodoro da trasformare e intraprendere l’indispensabile e improcrastinabile fase di riequilibrio mercantile. Inoltre va avviata immediatamente un’approfondita riflessione dell’intera filiera nazionale sul futuro del pomodoro da industria, ponendo al centro dell’attenzione le inefficienze strutturali del Paese Italia (logistica, infrastrutture, costo dell’energia, costo del lavoro, oneri fiscali, ecc.) che gravano sulla filiera sia di parte agricola sia industriale.
Infatti, assistiamo al paradosso secondo il quale il prezzo del pomodoro in Italia, sebbene sia il più alto fra i paesi produttori concorrenti, sia europei sia mondiali, non risulta sempre adeguatamente remunerativo per gli agricoltori e, nello stesso tempo, l’industria di trasformazione sopporta dei pesi che la rendono meno competitiva rispetto agli altri paesi.
Si tratta di maggiori oneri, che pur non sempre imputabili agli operatori della filiera, rischiano di mettere uno dei simboli più prestigiosi del made in Italy, nel medio periodo, in condizione di non poter competere sui mercati internazionali, al pari di quanto già capitato ad altre importanti produzioni agroalimentari del nostro paese. Per questi motivi necessariamente deve essere immediatamente attivato un tavolo nazionale per una riflessione sulle inefficienze strutturali del sistema pomodoro da industria, che individui i punti di forza e di debolezza del comparto e porti all’elaborazione e definizione di una strategia comune tra pubblico e privato raccolta all’interno di un vero e proprio piano di settore.