IL POLVERONE SULLE CILIEGIE PUGLIESI FA SOLO MALE AL SETTORE, I PROCESSI ALLA GDO SONO ARIA FRITTA

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Cosa ci lascia la storia delle ciliegie pugliesi buttate in strada per i prezzi (umilianti) pagati al produttore? Un misto di frustrazione e confusione. Frustrazione perché la vicenda ha tenuto banco (per 1 giorno) sui giornali generalisti poi, come sempre, tutto è finito nel dimenticatoio. Nulla è cambiato e nulla cambierà, questo è certo.

Poi confusione. Come si può definire la campagna delle ciliegie in Puglia quest’anno? Buona, cattiva, drammatica? Le valutazioni sono le più eterogenee, ognuno racconta la sua verità. Ma una piccola riflessione si impone anche per capire come funziona la comunicazione/informazione in questo settore.
Presso l’assessorato della regione Puglia si è svolto un tavolo di confronto tra le organizzazioni datoriali agricole (tra queste, CIA Agricoltori Italiani della Puglia, Confagricoltura e Copagri), l’assessore Donato Pentassuglia e il direttore del dipartimento Gianluca Nardone. Le organizzazioni hanno lamentato la forbice tra il prezzo corrisposto ai produttori (in alcuni casi 2 euro/kg) e quello che viene pagato dai consumatori (qui i prezzi variano da 8 fino a 12-14 euro/kg). Che ha detto l’assessore? Che studierà “misure strutturali e programmatiche” e convocherà “nelle prossime ore, i rappresentanti della GDO per avviare un confronto per riequilibrare e sostenere il mercato della ciliegia pugliese”. Poi ha detto la cosa più vera che poteva dire: “Risulta evidente in ogni caso che le regole di mercato non possono essere disciplinate dalla Regione”. Quest’ultima affermazione mette una pietra tombale sulla questione. Della riunione coi rappresentanti della Gdo non si è saputo niente.
Ovvio che i media generalisti nulla sanno del mercato delle ciliegie pugliesi o del mercato delle ciliegie in generale. Vedono che un produttore butta il suo prodotto per strada e denuncia (“me le pagano 1 euro/kg”) mentre sui banchi dei mercatini ci sono ciliegie a 14 euro/kg. E tanto basta per far scattare la notizia. Poi tutto finisce lì.
Sulla vicenda poi ci montano su le organizzazioni agricole (non tutte). Vengono fuori proposte strampalate (come il doppio cartellino del prezzo: quello pagato al produttore e quello al consumatore, impossibile solo pensarlo, quasi ridicolo proporlo). Viene messa sotto accusa in maniera generica la GDO, anche se il cartellino a 14 euro/kg era stato fotografato sul banco di un mercato rionale di Roma. Al Nord (esperienza personale) ho comprato ciliegie pugliesi in GDO ai primi di giugno a non più di 8 euro/kg . Si intervista un concessionario del Maas di Catania che dice che “la crisi della ciliegia pugliese sta trascinando al ribasso i prezzi di tutta la frutta di stagione”. (sarà vero? o è solo una sua valutazione per quanto rispettabile?)
Il lamento sullo strapotere della GDO diventa facilmente un processo alla GDO, come avvenne nell’ottobre corso quando una puntata di Rai3  di“Presa diretta” dal titolo “il prezzo ingiusto” sollevò un polverone con accuse e contro-accuse di fuoco. Come si vede , tutto si ripete, nella più totale confusione. Noi del Corriere abbiamo chiesto a un grande operatore del settore Nicola Giuliano una sua valutazione (leggi news) e la sua intervista è stata super-cliccata sul nostro sito.
Cosa dice Giuliano? Che la stagione delle ciliegie pugliesi non è stata disastrosa, che gettare benzina sul fuoco fa solo il gioco dei concorrenti esteri, che c’è un problema di calibri piccoli e “chi non ha qualità e pezzature piccole, ha prodotto da industria con prezzi bassi”. Il quadro generale pensiamo sia questo, poi naturalmente ci sono le vicende individuali, le storie aziendali, da tenere in considerazione ma che spesso valgono quel che valgono. Che si può dire di più? E’ legittimo lamentarsi dei prezzi bassi ma è sbagliato alzare ogni volta polveroni, creando polemiche che disorientano solo il consumatore e nuocciono solamente al settore.
Qualità, dimensione d’impresa, aggregazione nelle OP sono le stelle polari che il settore ha per troppo tempo ignorato. L’aggregazione è cresciuta, ma non basta. Adesso è in arrivo la normativa che punirà le pratiche sleali nel commercio, per cui laddove ci sono comportamenti effettivamente da sanzionare, li si potrà perseguire. Ma non saranno queste norme a ridare la competitività persa alla nostra frutta, a far ripartire gli investimenti, a ridarci i mercati esteri dove siamo diventati marginali.
L’esasperazione può essere anche giustificata ma porta sempre a cercare la colpa negli altri (l’Europa, la GDO, i commercianti…), a trovare il primo capro espiatorio disponibile.
Il settore è atteso da sfide importanti, che modificheranno lo stesso modo di produrre, e che imporranno radicali mutamenti nell’organizzazione del settore. La frammentazione, l’individualismo, il voler giocare ognuno per sé saranno rischi che ognuno potrà sempre correre, ma saranno appunto rischi in alcuni casi anche mortali. Poi esiste sempre la libertà d’impresa, in cui ciascuno mette in gioco se stesso e il suo futuro. Il settore dovrà darsi una rappresentanza più coesa e strutturata, che soprattutto rappresenti un riferimento credibile nei confronti della pubblica opinione. Avremo qualcosa che assomigli una cabina di regia?
Bisogna uscire dai titoloni falsi sui giornali, dal sensazionalismo, dal vittimismo ad oltranza e tornare a far parlare le imprese e i protagonisti del futuro dell’ortofrutta italiana, o di quel che resta (che non è poco).
Difficile dire di più. Noi facciamo il nostro dovere, che è quello di raccontare ogni giorno le belle storie, i buoni progetti degli uomini e delle donne dell’ortofrutta. Come ha scritto recentemente in un bel commento il nostro prof. Corrado Giacomini “se la qualità è il requisito necessario per spingere il consumatore ad acquistarla, la dimensione d’impresa è il requisito fondamentale perché, trattando delle commodity (e l’ortofrutta è una commodity) le economie di scala raggiungibili possono consentire all’impresa di ottenere spazi di marginalità nel prezzo”.
Il futuro è nelle mani delle imprese, su come affrontarlo più o meno abbiamo le idee chiare. Sicuramente chiedere ‘patti di sistema’ alla politica o alla Gdo è un modo per lanciare la palla in tribuna, un diversivo. Come ha scritto Giacomini “è ora che gli operatori del settore comincino a migliorare la qualità offerta e, superando l’individualismo italiano, si aggreghino in imprese capaci di affrontare le sfide della grande distribuzione moderna. Forse non sarebbe male ritentare, prima di passare al patto di “sistema”, di migliorare l’efficienza e l’efficacia delle relazioni di filiera”. Nulla da aggiungere.

Lorenzo Frassoldati

direttore Corriere Ortofrutticolo
l.frassoldati@alice.it

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