POLITI E IL MIRAGGIO DELL’UNITÀ DEL MONDO AGRICOLO

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Se n’è andato – ancora relativamente giovane – Giuseppe Politi, già presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori dal 2004 al febbraio 2014. Una presidenza lunga e ricca di sfide per la “terza” confederazione agricola (quella tradizionalmente più vicina al centro-sinistra dai tempi di Peppino Avolio, per quello che contano oggi queste categorie), a partire dalla autoriforma della struttura organizzativa (nel 2010) e dalla nascita di Agrinsieme (gennaio 2013), il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Aci-Alleanza delle cooperative italiane dell’agroalimentare.

E, aggiungiamo noi, dalla sensibilità per temi non consueti e anzi lasciati ai margini degli interessi del nostro antiquato sistema agricolo come l’attenzione al Mediterraneo, che oggi torna prepotentemente alla ribalta. E due intuizioni di Politi, l’aver puntato con forza alla semplificazione della rappresentanza coinvolgendo anche il mondo cooperativo e la visione dell’Italia protagonista in uno spazio mediterraneo, fanno di Politi certamente il vero degno successore dello storico padre della Cia, Peppino Avolio. Le commemorazioni ufficiali dicono che “sognava l’unità del mondo agricolo” e che per questo nacque Agrinsieme.

Ora di unità del mondo agricolo si parla da 30 anni e mai come adesso questo obiettivo sfuma nel miraggio. Per due ragioni: l’evoluzione della Coldiretti verso il tentativo di rappresentanza globale degli interessi dei consumatori-agricoltori, quindi una presunzione di autosufficienza che le fa dire “O con me o contro di me”. E poi una ragione più strutturale, che sta facendo vedere i sorci verdi anche al premier Renzi: la resistenza delle burocrazie. Perché le organizzazioni professionali agricole (3, 4 forse 5), strutture nate nel clima politico dell’ultimo dopoguerra e da allora ingessate nella storia, sono soprattutto burocrazia, uffici, patronati, pratiche, apparati. Da lì traggono linfa e ossigeno finanziario e come tutte le burocrazie si arroccano e resistono ai cambiamenti, figuriamoci quando sentono che qualcuno vorrebbe sopprimerle.

L’unità quindi oggi è impossibile e Agrinsieme è stata una scelta nata da questa consapevolezza ma anche dalla volontà di reagire alla impresentabile frammentazione della rappresentanza agricola, oltre alla necessità urgente e contingente di costituire un fronte alternativo al dilagare mediatico-organizzativo della Coldiretti. Scelta generosa che però oggi è chiamata ad un salto di qualità. Non ci si può più limitare a organizzare qualche convegno e a diramare comunicati. Agrinsieme deve fare veri progetti economici aggregando imprese private e cooperative e dimostrando nei fatti che le agroburocrazie non sono eterne e che ci si può autoriformare per rafforzare il potere contrattuale del produttori. E magari dando l’esempio, facendo partire una spending review in campo associativo-agricolo, eliminando duplicazioni di uffici e strutture e chiudendo botteghe dove girano solo carte. Politi, pensiamo, sarebbe il primo a essere contento di questa svolta epocale.

 

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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