PIOVONO 120 MILIONI SU LATTE E FORMAGGI. E PER L’ORTOFRUTTA NIENTE?

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Un piano-latte da 120 milioni di euro nel triennio fino al 2017. Non soldi europei ma nazionali. Lo ha annunciato il ministro Maurizio Martina a fine luglio. Poi ai primi di agosto un ulteriore annuncio di interventi straordinari anche per gli allevamenti suini e bovini da carne: quindi altri soldi in arrivo non ancora quantificati.

 

Il tutto sarà presentato il prossimo 7 settembre al Consiglio straordinario dei ministri agricoli della Ue che Italia e Francia hanno chiesto sia dedicato al comparto lattiero caseario e al settore delle carni bovine e suine. Entrambi in forte difficoltà di mercato e quindi con conseguenze devastanti per i bilanci delle imprese del comparto. Nel piano-latte sono previsti 65 milioni di euro per sostegno alla liquidità e alla ristrutturazione del debito degli allevatori; 0,5 centesimi di euro in più al litro per i produttori di latte attraverso aumento della compensazione Iva; un piano straordinario di promozione del consumo di latte fresco; promozione dell’export dei prodotti lattiero-caseario italiani.

Care imprese dell’ortofrutta, al termine di questa ennesima estate nera, non vi fischiano le orecchie? Non sono queste le misure che servirebbero anche al sistema ortofrutta Italia per tirarsi un po’ su di morale e risollevare le sorti e i bilanci di tante imprese produttive e commerciali? Quando si scrive “sistema ortofrutta Italia” si dà per scontata una cosa che scontata non è. Si dà per scontato un “sistema” che sistema non è. Se ci fosse un sistema vero, sarebbe stato in grado di far approvare già da anni un piano-ortofrutta nazionale che – tante volte annunciato- non ha mai visto la luce.

Si dirà: come si fa a fare un progetto nazionale quando ci sono in pista 22 politiche agricole regionali, spesso “l’una contro l’altra armata” o che si ignorano a vicenda? Beh, per latte e formaggi ci sono riusciti, quindi perché non con l’ortofrutta che non ha minori ragioni di crisi e difficoltà del lattiero-caseario o della zootecnia da carne. E senza considerare che l’ortofrutta è un grande asset del nostro export agroalimentare mentre – ahinoi – per latte e carne siamo importatori netti (e non di poco).

Prendiamo atto che la vicenda dimostra quanto andiamo ripetendo e scrivendo da anni, fino alla noia: che tra le fragilità del settore e che lo rendono vulnerabile c’è una debolezza/frantumazione di rappresentanza che è il principale ostacolo ad una seria azione di lobby. In sostanza: perché si fa un piano per latte e formaggi con ricca dotazione finanziaria, perché si interviene sugli allevamenti da carne e per l’ortofrutta non c’è niente? Perché la bilancia commerciale dell’ortofrutta è comunque sempre in attivo? Perché la Francia è più preoccupata per i suoi allevatori che per i suoi frutticoltori? Perché in Italia difficoltà e stato di crisi non vengono rappresentate in maniera credibile? Perché nessuno spiega bene come stanno le cose al ministro? Perché con l’Ocm di settore tutti pensano che il comparto abbia comunque i mezzi sufficienti per cavarsela da solo? Rispondete come vi pare, il risultato non cambia. Ortofrutta figlia di un dio minore e non per colpa di un destino cinico e baro ma per errori-colpe-omissioni degli attori di un sistema che non c’è.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

 

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