PESCHE E NETTARINE VERONESI, SALVATA LA STAGIONE MA NON IL DECLINO PRODUTTIVO

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Il ritorno del bel tempo sta parzialmente salvando la stagione delle pesche e delle nettarine nel Veronese, ma probabilmente non fermerà il declino della produzione che è in atto da più di vent’anni. Un trend che è iniziato a causa del diffondersi della Sharka, malattia a causa della quale in tanti hanno deciso all’inizio degli anni Duemila di espiantare intere piantagioni, e che, poi, non si è più fermato.

«Premesso che Verona ha sempre fatto, in Veneto, la parte del leone, tanto che l’anno scorso continuava a contare l’82% della produzione, va detto che il calo delle superfici è davvero rilevante», afferma a L’Arena Giorgio Girardi, responsabile dell’area ortofrutta di Coldiretti Verona. Nel 2014 in provincia di Verona si contavano 2.902 ettari coltivati a pesche. Lo scorso anno erano 1.166: 130 in meno, in soli 12 mesi, dei 1.296 del 2022. «Questa situazione», precisa Girardi, «è principalmente dovuta al fatto che i prezzi che vengono pagati ai produttori sono poco remunerativi». Eppure i costi di produzione non sono certo irrilevanti e la concorrenza è forte. Questa è principalmente internazionale, relativa alla frutta che arriva da Spagna e Grecia, più che legata al prodotto del Sud Italia, che solitamente arriva a settembre. In un mese in cui da qualche anno c’è produzione anche in Veneto, ma nel quale, comunque, le quantità commercializzate nel veronese sono meno consistenti. Il clou della raccolta, infatti, va, come da tradizione, dalla metà di luglio a fine agosto. L’area del Veronese più vocata alla produzione di pesche e nettarine è quella dell’Ovest. A Pescantina e Bussolengo, in particolare, le amministrazioni comunali hanno creato ancora alla fine degli anni Ottanta una fondazione per la difesa delle produzioni tipiche, che gestisce un mercato delle pesche, che è particolarmente attivo per quanto riguarda gli scambi con la Gdo, ed ha creato nel ’90 un marchio commerciale, Principesca, con il quale vengono commercializzate, in confezione, le pesche di fascia superiore di più di cinquanta produttori. Il presidente della fondazione, Gianluca Fugolo, precisa che «quest’anno la stagione è partita molto male, visto che il maltempo di giugno ha causato la perdita per marciume e monilia, fungo che causa danni rilevanti, di almeno la metà della produzione precoce», ma dice anche che «il caldo di questi giorni sembra poter raddrizzare la situazione». Anche se la pezzatura media dei frutti rimane contenuta. «Le pesche e le nettarine sono di buona qualità ed i prezzi non sono negativi, pur rimanendo piuttosto lontani da quelli che venivano pagati lo scorso anno», aggiunge Fugolo. Il 2023 è stato un anno eccezionale, perché la carenza di prodotto spagnolo dovuta alla siccità ha fatto schizzare in alto le quotazioni di quello italiano. «Dodici mesi fa per le pesche più piccole, da cestino, ai produttori restavano almeno 70 centesimi al chilo, mentre adesso siamo a circa 55, e per quelle più grandi, che adesso sono poche e valgono un euro, si arrivava ad 1,40 euro», spiega.

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