PERE, PER PAESI PRODUTTORI RICERCA VARIETALE FONDAMENTALE PER MIGLIORARE LA PRODUZIONE

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L’innovazione delle varietà al servizio del miglioramento della produzione in campo e per soddisfare maggiormente le preferenze dei consumatori è stato uno dei temi al centro dei dibattiti del Congresso di InterPera della scorsa settimana a Ferrara. Si tratta di una vera e propria esigenza, percepita e affrontata, nella maggior parte dei paesi produttori di pere.

In Belgio, ha spiegato Jef Vercammen di PC Fruit, si producono soprattutto pere Conference, una varietà che negli ultimi anni ha ottenuto un ottimo riscontro dal mercato e sulla quale si è investito tantissimo. Basti pensare che nel 2015 ben 9.340 ettari di impianti erano dedicati a questa cultivar, ovvero un’estensione tre volte maggiore rispetto al 1990. Il Belgio tuttavia sta concentrando molti sforzi nella ricerca di varietà più produttive, dal gusto e dalla pezzatura migliori oltre che maggiormente resistenti a patologie e bizzarrie climatiche. Tali varietà devono al contempo essere in grado di rispondere più efficacemente alle esigenze del mercato, che chiede un prodotto dall’aspetto e dal sapore buono, con una adeguata shelf life, e disponibile anche in periodi precedenti a quelli garantiti dalla Conference. In questo senso si stanno testando le varietà Celina, di eccellente attrattività visiva, la Sweet Sensation, giusta risposta in termini di gusto alle esigenze del consumatore, la Dicolor, disponibile già dalla seconda metà di settembre, la Corina, varietà club che anticipa la disponibilità delle Conference di tre settimane, e la Cepuna, disponibile al consumatore subito dopo l’arrivo sul mercato della Conference ma che presenta un’ottima conservabilità in fase di stoccaggio.

Negli Stati Uniti, dove per il secondo anno consecutivo si sta assistendo ad un tendenziale calo produttivo a causa di problemi di allegagione, la produzione è sostanzialmente concentrata su 3 varietà: D’Anjou per il 47%; Williams per il 31%; Bosc per il 15%. Il restante 7% è ripartito tra le altre cultivar prodotte. In generale, l’offerta domestica è decisamente sbilanciata su varietà precoci; il comparto dunque già da tempo sta rivolgendo la ricerca verso nuove varietà in grado di coprire una finestra più ampia di mercato. Sono diverse le cultivar testate o ancora in fase di valutazione: Taylor Gold; Concorde; Gem; Harrow Sweet; e Piqa Boo, varietà rossa di selezione neozelandese tra le più promettenti sia per la buona adattabilità in territorio americano, sia per la dolcezza e la croccantezza del frutto. “La fase di ricerca non è finita; ci si sta guardano ancora attorno con l’intenzione di trovare varietà sempre più adatte alle nostre esigenze e a quelle del mercato”, ha dichiarato Kevin Moffit dell’US Pear Bureau.

Parlando dell’Italia, spiega Walther Faedi del CREA, la ricerca finora ha ottenuto buoni risultati, tanto che è già stato sviluppato un ibrido dalla selezione Carmen, dalla buccia verde ma con la polpa rossa, e presto si otterranno anche le prime pere rosse sia nella buccia sia nella polpa, oltre ad interessanti selezioni con caratteristiche di polpa delle pere asiatiche ma con l’aspetto della pera europea. Il percorso di ricerca varietale portato avanti dal Progetto Liste Varietali Pero rischia però di essere chiuso per mancanza di nuovi fondi. Nei lunghi anni di studio sono state valutate 80 varietà di cui 54 sono state eliminate e 6 sono ancora in fase di valutazione (CRA-FRF 94, Cheeky, Grafin Gepa, Regal Red Comice, Falstaff, Golden Russet Bosc). Delle 18 giudicate “positive” il maggior successo l’ha ottenuto Carmen, di cui sono già state messe a dimora 1,5 milioni di piante. Si tratta di una varietà precoce che assicura un’ottima adattabilità alle diverse condizioni climatiche e del suolo oltre ad un’elevata produttività; il frutto si presenta di aspetto decisamente gradevole grazie anche ad una bella faccetta rossa. Ultimo e promettente ingresso nella lista è quello della Lucy Sweet. Anch’essa adatta alla maggior parte degli ambienti italiani per l’elevata e costante produttività, è di vigoria medio-elevata e di rapida entrata in produzione. Presenta un frutto piriforme e di media pezzatura; ha la buccia verde anche a maturazione e una leggera rugginosità nelle zone calicinee peduncolari. La polpa è dolce, croccante (adatta al consumo anche se non completamente matura), di buon sapore, a piena maturazione diventa fondente e succosa. La conservabilità è buona. Tra le cultivar già in corso di distribuzione, ma non ancora valutate nell’ambito del progetto, ci sono: Early Giulia, più precoce di due settimane rispetto alle Williams; Debby Green, contemporanea per epoca di raccolta alle Williams; Lucy Red, contemporanea all’Abate Fetel.

Per i francesi Al-Rifai Mahdi, INRA/IRHS, e Hughes Decrombecque, La Morinière, il processo di innovazione varietale è un percorso lungo e costoso, che deve tenere presente le esigenze dei produttori, dei rivenditori e dei consumatori senza tralasciare gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale. L’obiettivo è ottenere varietà migliori e più resistenti, rendendo contemporaneamente più efficiente la metodologia di breading; ma questo è raggiungibile solo attraverso una collaborazione duratura tra pubblico e privato. Tra le cultivar valutate positivamente dalla ricerca d’Oltralpe ci sono: Angelys, matura verso la fine di settembre; Cepuna Migo, in raccolta nella prima metà di settembre; P3123, anch’essa pronta nei primi 15 giorni di settembre; P3295, disponibile dall’inizio dell’autunno in avanti. Per parlare dello stato dell’arte sudafricano è intervenuta Mariette Kotze di Hortagro.

Sulla scia di quanto anticipato dai colleghi francesi, Kotze ha ricordato che “nuovo non sempre significa migliore. Ciò che si va cercando infatti sono varietà in grado di rispondere alle esigenze di mercato e di garantire una certa redditività ai produttori”. Tra le ultime varietà analizzate quella che più sembra rispettare tali criteri è la Cheeky, precoce, dalla buccia sfumata di rosso e con una buona redditività alla produzione per la buona adattabilità alle condizioni ambientali del Sud Africa. In Spagna, paese che produce il 14,6% dell’intera produzione Ue, di cui il 48% dei volumi è proveniente dalla Catalogna, il mix produttivo dal 1987 al 2012 ha registrato un profondo cambiamento. La produzione iberica, infatti, dapprima più variegata, si sta via via concentrando su due varietà in particolare: Conference (33%) e Blanquilla (18%). Negli ultimi due anni (2012-14), tali percentuali sono addirittura passate al 44,1% per la Conference e al 17,8% per la Branquilla. Il dottor Ignasi Iglesias dell’Istituto di ricerca di Lleida, IRTA, ha ricordato che delle 148 varietà valutate dal 1994 ad oggi, solo 32 sono state selezionate. Tra queste: Carmen, Celina, Cheeky e Elliot. Mentre sono ancora in fase di valutazione, per verificarne l’effettiva produttività in territorio iberico, la Sweet Sensation, che però non sta mostrando gli stessi risultati ottenuti in Belgio, e la Dazling Gold, ma anche in questo caso le premesse non sono positive.

Chiara Brandi

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