“ABBIAMO IL PARADISO TERRESTRE DELLE MELE MA NON LO VALORIZZIAMO. ECCO COSA SERVE”

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Volumi in aumento del 10%, vendite “sotto ad un treno”, esportazioni semi bloccate, costi schizzati alle stelle: “parliamo per esempio di +25% per i cartoni, fino a +250% di elettricità”.

Per Marco Rivoira (nella foto), amministratore dell’omonimo gruppo piemontese, il settore delle mele sta vivendo un’annata molto tribolata, tra export fermo al palo su alcune destinazioni (vedi India e Arabia Saudita) ed Europa centrale inflazionata dal prodotto in arrivo dai Paesi dell’Est con prezzi stracciati.

Qui è a rischio la programmazione. Le produzioni dell’Est Europa ci creeranno sempre maggiori problemi. La soluzione è realizzare un grande progetto di rinnovamento varietale a cui affiancare piani di sviluppo con la GDO. Nell’area mediterranea vengono coltivate le mele migliori del mondo. Tuttavia non siamo in grado di vendere il prodotto valorizzandolo, cosa che invece ha fatto il settore del vino”, osserva Rivoira. “Dobbiamo lavorare sodo sulla qualità. Qualità non intesa tanto (o solo) sull’aspetto. La qualità significa essere in grado di regalare un’esperienza gustativa unica e costante al consumatore. Chi mangia una mela, in cuor suo, se l’aspetta sempre eccellente, ogni volta che addenta un frutto. Dobbiamo riprenderci la nostra mission, garantire un prodotto sempre buono da mangiare. Purtroppo, invece, oggi, sul mercato il 70% del prodotto non soddisfa i consumatori. Se la frutta non è buona la gente si sposta su altro, perché cerca la bontà del frutto”. In questo processo, secondo l’imprenditore cuneese, un ruolo fondamentale lo gioca proprio la grande distribuzione: “Non abbiamo bisogno dell’”elemosina” della GDO, che a sua volta ha visto aumentare i propri costi. La distribuzione organizzata però deve comprendere che è finita l’era della logica del prezzo a tutti i costi. Non deve più investire su volantini e prezzi al ribasso, ma su chi punta al rinnovamento varietale, che consenta ai produttori di ottenere margini sostenibili. E deve comprendere che qualità non è per forza avere un prodotto perfetto, senza un’ammaccatura. Se manca il gusto, il gioco è finito. Dobbiamo quindi ammettere con sincerità che anche il settore delle mele – come altri – ha forti problemi strutturali. Per risolverli serve una concreta programmazione sistemica di rinnovamento varietale”, insiste Rivoira, “che sia in grado di generare una spinta alla domanda di prodotti premium di alta e altissima qualità. È questa la strada da percorrere. Se lottiamo solo sul prezzo siamo morti”.

Rivoira torna al parallelismo con il vino: “Questo settore, dopo aver toccato il fondo con lo scandalo del vino al metanolo (risalente al 1986, ndr) ha saputo risollevarsi, riprogrammarsi, puntando sul gusto, sull’esperienza sensoriale, riqualificando le aree di produzione e raccontando tutto ciò che sta dietro a questo mondo. Noi dovremmo fare lo stesso con l’ortofrutta, partendo dalle mele. Bisognerebbe ricordare come una mela prodotta in Polonia (per via della latitudine di produzione) non potrà mai avere le qualità organolettiche di una prodotta nel Sud Europa. Non riusciamo a valorizzare ciò che produciamo. Veniamo invece fagocitati dalle logiche del prezzo che porta a massimizzare le produzioni, raccogliere i prodotti in anticipo e quindi implicitamente abbandonare il concetto “esteso” di qualità di cui parlavo”.

“Cambiare si può, si deve”, sostiene Rivoira, che porta anche un esempio concreto. “Pensiamo all’exploit del kiwi giallo: i consumi schizzano in alto nonostante prezzi sostenuti. E questo grazie ad un gusto fuori dal comune e costante”.

Tornando alle mele, Rivoira, parlando di prezzi al consumatore nei punti vendita, fa ancora notare come “con 1,50 euro al chilo un’azienda non sopravvive. Se si arriva già a 2,30 euro, invece, il produttore può andare avanti, investire e programmare”. L’amministratore del gruppo piemontese, poi, si scaglia contro l’immaginario collettivo che considera spesso la frutta cara (e delle mele in particolare): “Un italiano in media prende due o tre caffè al giorno, spendendo 3-4 euro al giorno. Per non parlare delle sigarette. Ma di questo non si parla. Credo sia invece vergognoso parlare di frutta troppo cara quando con un chilo, ben cinque mele che costano poco più di un caffè, ci mangia una famiglia intera”.

Quindi la proposta che si riallaccia ancora al vino: “Dobbiamo creare la zona dello “champagne” delle mele, offrendo e raccontando un prodotto buono in tutto e per tutto. Il Mediterraneo è il paradiso terrestre delle mele. Comunichiamolo. Lo sconvolgimento diretto e indiretto che la pandemia ha provocato sulla filiera ci ha posto di fronte ad un’occasione storica per invertire la rotta.

Emanuele Zanini

emanuele.zanini@corriere.ducawebdesign.it

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