ORTICOLTURA: UN WORKSHOP SU COME TUTELARE LE INNOVAZIONI VARIETALI

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Perché è necessario tutelare le nuove varietà vegetali frutto della propria ricerca? Quali sono le procedure da seguire, quali i costi da sostenere e, soprattutto, fino a che punto è efficace la difesa accordata dalle norme in materia? A queste domande ha dato una risposta esauriente e concreta il workshop “La tutela delle novità vegetali: perché e come proteggere una varietà”.

 

Un evento promosso a Bologna dal Gruppo Orto wic di Assosementi, gruppo che riunisce 18 aziende fortemente impegnate in attività di Ricerca e Sviluppo di nuove varietà, così come nella produzione e commercializzazione di sementi per settore orticolo professionale.

 

Introdotto da Alessio Pigozzi (nella foto), Coordinatore del Gruppo Orto wic Assosementi, il workshop bolognese è andato immediatamente al nocciolo dei problemi con l’intervento di Casper Van Kempen, Direttore dell’Anti-Infringement Bureau (AIB), una struttura privata di recente costituita da alcune aziende leader sul mercato sementiero orticolo con il compito di prevenire e poi eventualmente reprimere azioni di riproduzione illegale di varietà vegetali tutelate. Van Kempen ha evidenziato l’utilità di tutelare le varietà vegetali in uno scenario mondiale dove la contraffazione è in costante espansione.

 

La protezione andrebbe considerata come parte integrante della gestione aziendale dei rischi, alla stregua di una copertura assicurativa contro il rischio contraffazione. Ogni breeder, pertanto, dovrebbe valutare il rapporto costo/benefici di una tale copertura, alla luce di criteri quali la probabilità che la propria varietà sia presa di mira dalla contraffazione, l’entità del danno che verrebbe arrecato all’azienda e, ovviamente, le proiezioni delle vendite nei tre anni successivi. Secondo Van Kempen, che ha quantificato i costi supplementari per la protezione di una varietà in una forchetta che va da 900 a 2600 euro, un premio assicurativo pari al 2,3% delle vendite attese sarebbe giustificato solo qualora le proiezioni per i tre anni successivi indicassero sell-out superiori a 100.000/150.000 euro.

 

Inoltre, a dispetto delle apparenze, tutelare le nuove varietà vegetali risulta utile più alle piccole e medie aziende che alle grandi multinazionali. Queste ultime, infatti, possono assorbire il mancato ritorno dell’investimento puntando su altre novità in catalogo, mentre una piccola azienda si troverebbe a non disporre delle risorse tecniche e finanziare necessarie per rimpiazzare sollecitamente una varietà “bruciata” dalla contraffazione.

 

Domenico Strazzulla, della Direzione Generale Sviluppo Rurale – Ufficio sementi e biotecnologie del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha passato dettagliatamente in rassegna i principi della Convenzione UPOV, approvata a Parigi nel 1961 e da ultimo modificata nel 1991, in materia di tutela delle varietà vegetali, nonché i tratti salienti delle normative nazionale e comunitaria che disciplinano rispettivamente il brevetto vegetale nazionale e la privativa comunitaria. L’opzione tra brevetto vegetale nazionale e privativa comunitaria è quella che oggi ha concretamente di fronte un costitutore nazionale.

 

Il brevetto vegetale nazionale è gestito dall’UIBM, il quale si appoggia al Ministero delle politiche agricole per le prove descrittive, ed è formalmente in linea con i dettami della Convenzione UPOV. Vale tuttavia solo a livello nazionale La situazione attuale è fotografata dai dati dell’Ufficio Brevetti e Marchi: su un totale di 4093 domande, sono state rilasciate 2420 privative nazionali, 27 richieste sono state respinte, 372 sono in fase di esame e 1274 sono state ritirate. La privativa Comunitaria, disciplinata dal Regolamento CEE 2100/94, consente invece di ottenere, con un’unica domanda, un titolo di protezione valido in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Strazzulla ha citato come esempi di criticità della tutela varietale basata sui principi della convenzione UPOV il cosiddetto “privilegio dell’agricoltore”, che tuttavia non è valido nel campo delle sementi orticole, e la coesistenza con le regole di tutela delle invenzioni biotecnologiche.

 

Il privilegio dell’agricoltore è una deroga che consente ai piccoli agricoltori che coltivano superfici inferiori a quella necessaria per produrre 92 t. di cereali di non pagare royalties su un eventuale reimpiego come seme di parte della granella ottenuta utilizzando una varietà protetta da privativa comunitaria. Kees Van Ettekoven, a capo del Variety Testing Department del Naktuinbuow (agenzia olandese specifica per le sementi), ha trattato gli aspetti eminentemente pratici connessi alla presentazione e concessione di una privativa comunitaria. Van Ettekoven, infatti, ha descritto le caratteristiche salienti del sistema di protezione in vigore nei 27 Paesi dell’UE, le funzioni svolte dal CPVO, l’Ufficio deputato a gestire la concessione delle privative per le nuove varietà vegetali, e le procedure che regolano l’acquisizione del titolo per la tutela comunitaria.

 

Il successo dell’Ufficio comunitario è confermato dal costante aumento delle domande, che dopo una piccola flessione negli anni 2009 e 2010 per la recessione economica, ha già registrato un incremento del 25% nei primi 6 mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010, e dal numero di privative in vigore, che sempre a fine 2010 ha superato le 17,000 unità. La vivacità del dibattito seguito alle relazioni ha confermato la sensazione che il mondo della ricerca vegetale ha forte esigenza di meccanismi efficaci di tutela dell’innovazione: le norme esistono, mentre è molto più difficile attivare azioni e interventi per implementare la tutela e difendere il proprio lavoro. Proprio queste aspettative rendono ancora più importanti iniziative come il workshop organizzato dal Gruppo Orto wic di Assosementi, concepito per favorire una migliore conoscenza della materia attraverso un confronto diretto tra operatori del settore e rappresentanti degli organismi nazionali e comunitari di autorizzazione e controllo.

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