La tensione sociale e politica verso i temi centrali dello sviluppo agricolo del nostro Paese non sembra allentarsi. Troppe le difficoltà di uno scenario complesso, di un sistema sempre più costoso, da supportare finanziariamente, e soprattutto da rinnovare, con tecnologie nuove e persone nuove.
Eppure, se da una parte il generale invecchiamento della popolazione italiana ha determinato la perdita di oltre due milioni di giovani con età tra 15 e 39 negli ultimi dieci anni, dall’altra gli istituti di ricerca rilevano che le imprese agricole giovanili si sono ridotte molto meno rispetto alle pari età di altri settori trainanti, come l’industria alimentare per esempio, a dimostrazione di come la questione del ricambio generazionale delle imprese sia trasversale a tutti i macrosettori economici e del fatto che l’agricoltura, nonostante tutto, mantenga un buon potere di attrazione di giovani*.
Questo settore in Italia è ancora molto articolato, si tratta di un sistema produttivo che registra forti diversità, tra i pochi grandi produttori e le migliaia di piccoli e medi operatori agricoli, la maggioranza dei quali sono organizzati in progetti di cooperazione, generando un fatturato complessivo che si stima sia nell’ordine di diverse decine di miliardi di euro all’anno.
Tra i modelli organizzativi più avanzati in Europa, c’è Orogel, cooperativa italiana leader nel settore dei surgelati, specializzata nella produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti alimentari surgelati, principalmente ortaggi e frutta. Attraverso il lavoro di 1.600 soci agricoltori, l’azienda romagnola contribuisce alla valorizzazione delle produzioni locali, assicurando una filiera corta e controllata.
Ma questo modello di cooperazione può garantire alle nuove generazioni un futuro, visto la complessità attuale del comparto? A Cesena, sede operativa di Orogel, ne sono certi. E anche i soci agricoltori di questa realtà romagnola unica nel suo genere ne sono convinti. In particolare uno, che ha solo (si fa per dire) 23 anni.
“Avere la mia età e decidere di fare l’agricoltore non è una cosa che fanno tutti, ma qualcosa anche tra i miei coetanei si sta muovendo” – racconta Giuseppe Aldini (nella foto), 23enne che lavora nell’azienda di famiglia, l’Azienda Agricola Aldini Paolo di San Mauro Pascoli (FC) e vicepresidente di una cooperativa del Gruppo – “Lavorare in un sistema cooperativo, dove la nostra famiglia fa parte di un’altra grande famiglia penso sia molto stimolante. I produttori non sono soffocati da una gestione invasiva, la condivisione dei problemi così come delle idee è all’ordine del giorno. La forza del gruppo è anche aiutarsi nel momento della difficoltà, così come per esempio è avvenuto con le recenti alluvioni. Ho 23 anni e sono la quinta generazione di Aldini che lavora nella nostra impresa agricola; prima di fare l’agricoltore ho fatto molti altri lavori, ma la mia scelta definitiva è quella di oggi.
È fondamentale che le nuove generazioni si avvicinino al mondo dell’agricoltura, perché con la loro energia, innovazione e competenze tecnologiche potrebbero davvero contribuire a trasformare il settore, rendendolo più sostenibile ed efficiente. Oggi il supporto della tecnologia digitale mi affascina. Si possono fare grandi progressi; penso alle mappature satellitari dei terreni per esempio, al controllo da remoto dei macchinari, allo sviluppo della robotica. Non dimentico comunque, che tramandare questo lavoro sia un fatto centrale per l’uomo, perché significa preservare non solo una professione, ma anche la cultura, la tradizione e la storia del nostro paese”.
Una nuova generazione di agricoltori avanza dunque. Più giovani significa più aperti ad accogliere nuove tecnologie, a sviluppare nuove idee, avviare nuove sperimentazioni, cosa che in molti casi significa anche poter accedere ai finanziamenti europei per lo sviluppo della categoria.
“Il nostro consumatore ci conosce per la qualità dei nostri prodotti, ma ciò che penso dovremmo fare emergere è anche il grandissimo lavoro certosino a appassionato dei soci agricoltori. Sentire le parole di un giovanissimo come Giuseppe Aldini ci conforta – dichiara Bruno Piraccini, presidente di Orogel – . Il sistema cooperativo è il nostro vero pilastro. Questo modello ben si adatta a mio avviso alle nuove generazioni, più capaci rispetto al passato di condividere questo tipo di lavoro, faticoso certo, ma che umanamente può ancora dare grandi spunti valoriali. Per altro, parlando di generazioni future, oggi non possiamo dimenticare quanto l’agricoltura sia uno degli ambiti dove si gioca la transizione ecologica, per questo investiamo in un modello gestionale che attragga nuova forza lavoro, per far avanzare tutta la categoria a cui apparteniamo. Credo ci sia un grande potenziale di sviluppo, alla luce del progresso tecnologico nella meccanizzazione agricola per esempio, nei sistemi digitalizzati di coltivazione e così via. In merito, a disposizione dei nostri soci agricoltori, Orogel mette ogni anno a disposizione finanziamenti, aggiornamenti formativi in tecnologia e agronomia; e dall’altra parte ci vengono restituiti suggerimenti e iniziative utili ad essere sempre al passo con il mercato e la concorrenza. C’è un grosso lavoro da fare ma l’unica soluzione è quella di farlo in concreto con spirito collaborativo fra tutti i partner della filiera agroalimentare, per evitare la carenza di cibo ed assicurare qualità e salubrità al consumatore ”.
*Fonte: Rapporto Giovani e Agricoltura 2024 di RETERURALE Nazionele, con il contributo FEASR Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (www.reterurale.it).
Il Rapporto lascia ampio spazio alla trattazione del tema del sostegno al ricambio generazionale nella PAC 2023-27, focalizzandosi, in particolare, sulle scelte operate nel Piano Strategico italiano (PSP) e approfondendo i due interventi chiave: il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori, cui è destinato il 2% dei pagamenti diretti, pari a circa 352 milioni di euro per l’intero periodo, e l’intervento di sviluppo rurale per l’insediamento dei giovani nelle imprese agricole, per il quale la spesa pubblica programmata nel quinquennio ammonta a circa 680 milioni di euro.