Confagricoltura Veneto, Lombardia, Friuli, Piemonte, Emilia Romagna, Campania e Puglia si uniscono all’appello dei 700 agricoltori che hanno scritto alla Senatrice Prof.ssa Elena Cattaneo, manifestando il loro desiderio di vedere riaperta la ricerca sugli organismi geneticamente modificati in Italia e di poterli coltivare.
“Chiediamo da tempo che non si abbandoni la ricerca in questo settore,” dichiarano i vertici regionali di Confagricoltura. “L’Italia vanta una scuola di genetica di caratura mondiale, è assurdo non lasciarla lavorare perché ci dia delle risposte certe, calate nel nostro contesto rurale.” L’associazione degli agricoltori concorda con le parole della Senatrice: gli appezzamenti coltivati a mais Ogm in Friuli sono un’occasione preziosa, agli istituti di ricerca deve venir data la possibilità di verificare in quei campi coesistenza, sanitàà della granella Ogm, rispetto della biodiversità. Inoltre tali coltivazioni Ogm potrebbero essere utilizzate per fare della corretta divulgazione fra gli addetti ai lavori e dell’informazione scevra da pregiudizi rivolta ai consumatori e ai cittadini.
“La Sen. Cattaneo ha scritto in questi giorni a tutti i suoi colleghi parlamentari, per coinvolgerli affinché venga affrontata la questione. Chiediamo che la politica approfitti di questo momento in cui le ideologie sono state finalmente messe da parte per avvicinarsi alle richieste dei maiscoltori e dei ricercatori con serenità."
La coesistenza fra coltivazioni convenzionali e Ogm è possibile e rispettata nei Paesi che si avvalgono di questa tecnologia, come per esempeio la Spagna. “Non dimentichiamoci,” dichiarano, "che più Ogm significa meno chimica. Noi italiani, come gli spagnoli, siamo infestati dalla piralide che causa cali produttivi e granella di scarsa qualità, talvolta invendibile. E’ un problema che il resto d’Europa non ha. La politica non può continuare a ignorarlo.”
“Confagricoltura è il sindacato delle imprese e le imprese devono essere lasciate libere di scegliere come produrre. Non è affatto complicato far sì che Ogm, biologico e tradizionale possano coesistere nel rispetto l’uno dell’altro.”
D’altra parte, ricordano i presidenti, l’agroalimentare italiano, con i suoi prestigiosi prodotti come prosciutti e formaggi, dipende già fortemente dalle importazioni in gran parte Ogm per la produzione di mangimi. Avvicinarsi a Expo nascondendo questo fatto sarebbe ipocrita. L’appuntamento che l’Italia ha con il resto del mondo nel 2015 è la vetrina perfetta per dimostrare come il prodotto tipico italiano possa trarre vantaggio da un sapiente connubio tra tradizione e innovazione, tra qualità del made in Italy e progresso scientifico, biotecnologie comprese. In quest’ottica l’accordo siglato tra Confagricoltura e CNR in vista di Expo dimostra la volontà degli agricoltori di lavorare in stretto rapporto con la ricerca scientifica. La dipendenza italiana dall’import di mais aumenta ogni anno. Siamo passati dall’importare il 10% del nostro fabbisogno di mais nel 2004, a quasi il 40% attuale. Nel 2013 quasi un miliardo di euro è stato speso per questo. Il motivo? Basta guardare le medie produttive, in continuo calo dal 2001: l’anno scorso scese a 78,1 quintali per ettaro. In Spagna, dove il mais Ogm è coltivato da anni, si superano ormai stabilmente i 110 quintali. E non è nemmeno vero che il nostro prodotto sia migliore perchè non Ogm, è vero piuttosto il contrario: nel 2013, secondo dati del Ministero per le Politiche Agricole, il 62% del mais italiano non era adatto al consumo umano perché contaminato di micotossine. Il sistema agroalimentare del nostro Paese deve pertanto importare mais estero Ogm sia perché è più sano, sia perché’ le nostre produzioni continuano a calare. “Non si vede perché alle nostre aziende non venga concesso di produrli e debbano continuare a tollerare di vedere mangimi Ogm entrare dall’estero. La politica ci deve delle risposte.”