NONOSTANTE TUTTO, EVVIVA L’EXPO (ANCHE SE SI PARLERÀ SOPRATTUTTO DI VINO)

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Chi ha la pazienza di seguire questi commenti sa che non abbiamo risparmiato critiche e ironie non sulla Expo in quanto tale ma sulla ondata di retorica sul tema “diritto al cibo” che ha accompagnato l’avvicinamento al grande evento milanese. Ma ora che la Expo è partita e davanti allo spettacolo osceno di una minoranza violenta e irresponsabile (e fin troppo tollerata) che ha devastato la città proprio nel giorno dell’inaugurazione, ripetiamo con orgoglio right or wrong, it’s my country.

Quindi evviva l’Expo, che sia davvero un grande successo, una vetrina mondiale per il nostro Paese, una svolta, una scossa salutare per la nostra economia. Dal Nord, da Milano in questo paese è sempre partita la ripresa. Nessuno può dire quanto Pil in più farà l’Expo e se ne farà. Sappiamo però che di fiducia, di ottimismo, di lavoro c’è grande bisogno nel paese e i milioni di turisti in arrivo possono essere un volano di ripresa per tutta l’economia del Paese. Per un Paese che ha smesso di sognare , disilluso, amareggiato, anche l’Expo serve. E pazienza se dovremo continuare a sorbirci retorica, luoghi comuni, volute omissioni.

Si parla tanto di diritto al cibo ma ci si dimentica di dire che questo ‘diritto’ è aria fritta se non va declinato insieme al dovere di produrlo. Produrre più cibo con meno risorse, quindi sostenibilità, quindi ricerca, innovazione, biotecnologie, ecc. Ci si dimentica di dire che la tanto deprecata globalizzazione ha combattuto la fame nel mondo più di tutte le Fao e organismi vari: in 20 anni il numero di poveri del pianeta si è ridotto di 1 miliardo e il trend continuerà se avanzeranno gli accordi sul libero commercio. I mercati aperti portano ricchezza; è l’autarchia che ci regala miseria e guerre.

Altre cose le abbiamo già capite: che all’Expo si parlerà soprattutto di vino e che l’agricoltura italiana sarà rappresentata attraverso un poco inebriante spezzatino di iniziative in tanti luoghi diversi, il tutto ovviamente in nome della ‘centralità’ del settore primario. A fronte dei 2000 mq del Padiglione vino ci stanno infatti gli spazi prenotati da Coldiretti (i più grandi), Confagricoltura, Cia e anche Copagri (Agrinsieme non funziona per l’Expo?) in location diverse, oltre ad altri spazi allestiti da organizzazioni come Agronomi, ecc. La rappresentazione plastica della disunità del mondo agricolo italiano, peccato originale che lo condanna alla frammentazione, alla competizione intestina, al nanismo organizzativo, in definitiva alla irrilevanza politico-economica.

Oltre un terzo degli italiani non sa di cosa si parlerà all’Expo e forse non ha capito neppure bene cos’è l’Expo. Chef stellati a spadellare e a filosofeggiare di cibo, sommelier assorti in degustazioni di rossi e bianchi, cantine impegnate a raccontare il miracolo della qualità e dell’export: sarà questa, vedrete, l’immagine vincente presso la pubblica opinione di questa Expo. Hai un bel parlare della Carta di Milano, del diritto al cibo, della lotta allo spreco alimentare e alla contraffazione. Se il cibo, il food, sono al centro della scena, tutto ciò che sta a monte sfuma in un indistinto magma comunicativo dove per i problemi veri dell’agricoltura professionale c’è poca attenzione.

E la nostra ortofrutta? Spezzatino nello spezzatino, frantumata qua e là, vivrà di luce riflessa tranne che per i tre giorni della nuova fiera, Fruit Innovation, a poche centinaia di metri dall’Expo. D’altronde per una iniziativa forte sull’ortofrutta serviva almeno 1 milione di euro. Ci stava lavorando Renzo Piraccini, poi per un motivo o per l’altro non si è fatto niente. Comunque l’ortofrutta sarà sempre in primo piano. Dove? In Foody, la mascotte dell’Expo, faccione coloratissimo disegnato da Disney Italia costruito con frutta e verdura stile Arcimboldo . Per chi si accontenta…

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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