NOMINE UE, LA MOGHERINI ‘LADY PESC’. L’AMAREZZA DI DE CASTRO

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C’è una nota di forte amarezza nella dichiarazione di auguri (formalmente ineccepibile) di Paolo De Castro al ministro Federica Mogherini per la sua nomina ad Alto rappresentate per la politica estera Ue. Ovvio che l’incarico di "lady Pesc" è di grandissimo prestigio per l’Italia, secondo solo nella storia alla presidenza della Commissione Ue con Romano Prodi.

Quindi chapeau a Matteo Renzi che ha tenuto duro e ha vinto puntando secco sul nome della Mogherini senza compromessi o ‘svolazzi laterali’. Certo, nota De Castro, adesso c’è l’audizione davanti all’Europarlamento: una prova che "sono certo, Federica supererà brillantemente, facendo ricredere i tanti scettici e detrattori che in questi mesi si sono opposti alla sua candidatura". Anche qui il linguaggio levigato e cortese del nostro ex ministro dell’Agricoltura nasconde una punturina: tutti ricordano che fu proprio in occasione di una audizione del genere che il nostro candidato commissario Ue Buttiglione fu bocciato perchè giudicato non adeguato. Sicuramente la brutta scivolata oggi non si ripeterà però De Castro fa bene a ricordare che c’è ancora davanti questo piccolo ostacolo. E comunque adesso tutti tifiamo per la Mogherini perchè ci sono in ballo l’onore e il prestigio del Paese. In cauda venenum, De Castro chiude ricordando che "il presidente del Consiglio Renzi avrebbe potuto puntare al posto di commissario all’Agricoltura, un portafoglio importantissimo che, per la prima volta, anche un grande paese agricolo come il nostro avrebbe potuto conquistare".

E qui chi conosce De Castro sa quanto il rospo sia difficile da mandar giù. Primo perchè il nostro ex ministro era l’uomo giusto al posto giusto e passerà molto tempo prima che si ripresenti una occasione così propizia. Secondo perchè quello dell’Agricoltura è uno dei principali ministeri di spesa a Bruxelles (forse il più importante) dove un Commissario con gli attributi può impostare vere e proprie politiche innovative, creare alleanze, dare segnali che l’Europa esiste in concreto e si muove come un soggetto autonomo e che non è soltanto il luogo dove si macina burocrazia e si dettano regole per misurare la lunghezza delle banane.

Anche con l’ultima scialba gestione Ciolos si è visto che l’Europa agricola è ancora quella di sempre, legata agli interessi continentali del nord Europa. Già c’è un polacco, Czeslaw Siekierski, alla presidenza della Comagri dell’Europarlamento. Con la Mogherini ‘lady Pesc’ l’Europa del Nord punterà sull’Agricoltura, c’è da stare certi. Il riequilibrio delle politiche agricole in senso sudista (che non è solo una tendenza geografica ma significa valorizzazione della qualità, tipicità, origine) al momento si allontana, come si allontana l’opzione Mediterraneo. Cioè una svolta di attenzione verso la sponda Sud del mare nostrum, la grande occasione mancata delle politiche europee degli ultimi 15 anni, un orizzonte geopolitico che tutta l’Europa (Italia in primis) ha volutamente e colpevolmente dimenticato. De Castro sul Corriere della Sera del 25 giugno scriveva che “costruire un’Europa a centralità mediterranea è possibile”. Adesso è molto, molto più difficile.

Non sappiamo se il nostro premier Renzi abbia valutato tutti questi aspetti o se il ministro Martina si sia attivato a sufficienza sul capo del governo. L’incarico di lady Pesc finora è stato poco più che un pennacchio (dov’è la politica estera Ue?), però da quella poltrona si controlla – se si vuole- l’attività di tutta la Commissione e si possono esaminare tutti i dossier più importanti. Capiamo le ragioni di Renzi, ma l’agricoltura italiana aveva ragioni ugualmente forti e soprattutto aveva l’uomo giusto. Il pressing del mondo agricolo nazionale – facile profezia – ha lasciato il tempo che ha trovato: la frantumazione della rappresentanza produce tanti comunicati, ma nessun effetto concreto. Quando il gioco si fa duro, l’ agricoltura torna a cuccia.

 

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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