NASCE LA FILIERA DELL’ARACHIDE ITALIANA

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Nasce la filiera dell’arachide italiana, una leguminosa di cui oggi si sono perse le memorie contadine, ma che fino agli anni settanta vantava nicchie di eccellenza in diversi areali vocati della Penisola. Il progetto, presentato questa mattina a Bologna, nasce dalla volontà di riscoprire un prodotto tanto pregiato quanto richiesto dal mercato e colmare così un sostanziale vuoto di offerta nazionale. L’idea imprenditoriale è di SIS, Società Italiana Sementi, realtà del gruppo agroindustriale B.F. Spa (Bonifiche Ferraresi), che ha coinvolto Noberasco quale partner commerciale del progetto e Coldiretti.

Da sinistra: Ettore Prandini e Mattia Noberasco

“Quello che presentiamo oggi non è solo il lancio di un prodotto decisamente rivoluzionario per l’agrifood come l’arachide italiana – ha spiegato l’Amministratore Delegato Mattia Noberasco, che rappresenta la quarta generazione imprenditoriale della famiglia, intervenendo alla conferenza stampa di lancio – ma un progetto che unisce innovazione, qualità, trasparenza e forte impegno ad investire sul territorio. Vogliamo creare una linea di prodotti made in Italy e grazie a questi accordi di filiera, che seguono pedissequamente quello che noi chiamiamo ‘Metodo Noberasco’, perseguiamo il nostro impegno di educare a stili alimentari salutari il consumatore, che sempre di più vuole essere, ed è, parte integrante di scelte consapevoli che partono dalla terra fino ad arrivare alla spesa, quindi alla tavola”.
La filiera dell’arachide italiana diventa oggi realtà dopo oltre tre anni di lavoro. Si tratta di un programma ambizioso che parte con circa 18 ettari di terreno dedicato alla produzione e circa 8 ettari per la produzioni di semi. “L’arachide è una coltura impegnativa quanto remunerativa con rese per ettaro tra i 20 e i 25 quintali e prezzi alla produzione di circa 250 euro a quintali”, ha spiegato Mauro Tonello, presidente di SIS. “Se il mercato ci sosterrà – ha aggiunto – in pochi anni saremo in grado di soddisfare il fabbisogno nazionale che equivale alla resa di circa 30mila ettari di impianti”.

Il progetto è ancora in fase di sviluppo e le idee per espandere il business non mancano. Si sta pensando a diversi tipi di impiego, dagli snack alle creme spalmabili, fino a pallet per bruciatori con gli scarti delle bucce, ma anche ad alternative bio.

“Il primo raccolto di arachidi 100% tricolori dal seme allo scaffale dimostra la grande capacità di innovazione dell’agroalimentare Made in Italy e risponde alla domanda di quell’82% di italiani che cercano sugli scaffali prodotti nazionali per sostenere l’economia e l’occupazione del Paese”, ha dichiarato Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti nel sottolineare al contempo che ci sono ancora molto margini di crescita, e non solo in termini di volumi. Un grande spazio aperto è dato dalle tecnologie: ad oggi non si trovano macchinari italiani adatti a questo tipo di produzione, le macchine utilizzate in campo da SIS sono infatti brasiliane.

 

“Bisogna lavorare insieme e con lungimiranza nella ricerca, un impegno che deve essere finalizzato ad uno scopo comune e integrato direttamente con il mondo del lavoro”, ha aggiunto l’assessore regionale al’agricoltura dell’Emilia-Romagna Alessio Mammi. “Sono davvero orgoglioso – ha concluso Mammi – che questo piano tutto italiano nasca in Emilia-Romagna. Si tratta di un modello capace di tenere insieme tanti soggetti di filiera in uno schema unitario e nazionale, dove ognuno ha il giusto riconoscimento economico del proprio lavoro e garantisce il reddito delle imprese locali, fino alla scala nazionale e alla competitività dei mercati. Le istituzioni faranno la propria parte per sostenere le imprese che producono, per affermare un primato del cibo italiano nei mercati esteri, anche dal punto di vista qualitativo e di tracciabilità. Ci stiamo già impegnando per tutelare le nostre imprese nei mercati globali, e sostenerle per avere le stesse condizioni delle altre sui mercati stranieri.”

Chiara Brandi

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