I MIRTILLI TRA LE PRIME “VITTIME” DELLA GUERRA DEI DAZI

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Mentre il mondo della finanza si interroga su quali siano le reali intenzioni di Trump – ovvero se la stretta su acciaio e alluminio preluda ad una guerra commerciale o se piuttosto si tratti di un bluff finalizzato ad aprire un tavolo per rinegoziare a suo favore alcune ‘regole del gioco’ -, sul mercato si contano già le prime vittime. Secondo l’agenzia di stampa newyorkese Bloomberg, Bruxelles avrebbe già stilato una lista di merci da sottoporre a dazio in entrata del 25% come contromossa alle misure della Casa Bianca. Tra coloro che potrebbero farne maggiormente le spese anche l’industria dei mirtilli.

L’Europa rappresenta il primo mercato di destinazione per questo prodotto per un valore totale intorno ai 132, 6 milioni di dollari. “L’introduzione dei dazi ostacolerebbe significativamente la nostra capacità di competere su questi mercati”, ha dichiarato preoccupato Tom Lochner, direttore esecutivo del Wisconsin State Cranberry Growers.

I famosi mirtilli rossi americani sono nell’immaginario del consumatore europeo il simbolo della tradizione a stelle e strisce, al pari di whisky e Harley Davidson. Ma non solo, il piccolo frutto rappresenta anche una storia di successo agricolo del Paese, di cui gli States sono i più grandi produttori al mondo, con un output superiore al 20% del totale globale.

Nel 2016, il raccolto è stato valutato a 292,3 milioni di dollari mentre l’export totale del prodotto fresco e trasformato ha raggiunto i 340 milioni di dollari (nello stesso anno le esportazioni agricole Usa avevano raggiunto complessivamente i 135 miliardi di dollari).

L’introduzione dei dazi si abbatte come una vera tegola sul comparto, proprio in un momento critico di surplus produttivo, che ha portato il Dipartimento dell’Agricoltura ad imporre agli agricoltori di ridurre il raccolto del 25% rispetto allo scorso anno, una misura non più adottata dal lontano 2001.

Chiara Brandi

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