di Cosimo Papa*
Tra le figure professionali del settore ortofrutta, la più ambita è forse quella di buyer, fra le poche a potersi fregiare della dizione inglese anche nel parlato comune: “buyer”, sostantivo del verbo “to buy” cioè: comprare. Dire “compratore” o “addetto commerciale”, evidentemente, suonerebbe riduttivo.
Ma allora, cosa significa essere un buyer, figura su cui ripetutamente ci si interroga e a cui molti aspirano, al punto di diventare una categoria a sé, con tanto di deontologia e regole di ingaggio peculiari?
In un settore come quello ortofrutticolo, con margini di profitto risicati ed elevatissima incertezza, dove molto spesso l’offerta è superiore alla domanda, giocoforza la posizione del compratore della GDO è particolarmente ambita.
Il buyer: colui il quale, nella mitologia di settore, inizia la giornata lavorativa decidendo i destini commerciali dei tanti fornitori che, pur di vendere, accettano qualsiasi condizione… Perché il tuo concorrente – si sa – ha offerto a minor prezzo merce più bella della tua…
Ecco, forse, da dove nasce l’aspirazione alla posizione di buyer, soprattutto per chi, nel settore, ci entra con altre mansioni: è un’illusione quella che la vita del buyer sia tutto sommato più semplice della propria.
In realtà non servono ricette speciali o competenze eccezionali differenti da quelle che valgono per tutti i buoni “commerciali” del settore; perché il buyer è, a tutti gli effetti, un addetto commerciale: deve essere aggiornato sulle tendenze di mercato e sulle quotazioni dei prodotti e fare le corrette previsioni; deve mantenersi in linea con i prezzi dei competitors e capire quali assortimenti e referenze sono più attrattive per la propria fascia di clienti, ovvero i consumatori finali. Deve rendere conto alla direzione commerciale delle scelte operate nell’individuare i fornitori e quando il controllo qualità dei CE.DI respinge la merce, deve renderne conto all’intera filiera.
Non per ultimo – e questo vale soprattutto per le insegne di maggiori dimensioni – trovare i volumi di merce necessari e garantiti da tutte le certificazioni, diventa una sfida dall’esito sempre meno scontato: le criticità di settore riducono il numero degli attori e concentrano la produzione nelle mani di grossi gruppi che hanno una forza contrattuale maggiore rispetto ai piccoli produttori.
La vera sfida del buyer, quindi, non è più “strappare” il prezzo migliore, ma garantire le quantità, la qualità e il rispetto dei valori di equità sociale e ambientale per le referenze sotto la sua responsabilità. Cosa non da poco.
Il buyer, come anello della catena di fornitura, fa parte di un sistema volto a creare valore per i consumatori e a tal fine i produttori sono i migliori alleati di cui dispone: questo, primariamente, deve avere bene in mente ogni aspirante buyer.
*ex buyer
IL MESTIERE DEL BUYER: TANTE SFIDE DA AFFRONTARE MA IN FONDO RESTA UN ADDETTO COMMERCIALE
di Cosimo Papa*
Tra le figure professionali del settore ortofrutta, la più ambita è forse quella di buyer, fra le poche a potersi fregiare della dizione inglese anche nel parlato comune: “buyer”, sostantivo del verbo “to buy” cioè: comprare. Dire “compratore” o “addetto commerciale”, evidentemente, suonerebbe riduttivo.
Ma allora, cosa significa essere un buyer, figura su cui ripetutamente ci si interroga e a cui molti aspirano, al punto di diventare una categoria a sé, con tanto di deontologia e regole di ingaggio peculiari?
In un settore come quello ortofrutticolo, con margini di profitto risicati ed elevatissima incertezza, dove molto spesso l’offerta è superiore alla domanda, giocoforza la posizione del compratore della GDO è particolarmente ambita.
Il buyer: colui il quale, nella mitologia di settore, inizia la giornata lavorativa decidendo i destini commerciali dei tanti fornitori che, pur di vendere, accettano qualsiasi condizione… Perché il tuo concorrente – si sa – ha offerto a minor prezzo merce più bella della tua…
Ecco, forse, da dove nasce l’aspirazione alla posizione di buyer, soprattutto per chi, nel settore, ci entra con altre mansioni: è un’illusione quella che la vita del buyer sia tutto sommato più semplice della propria.
In realtà non servono ricette speciali o competenze eccezionali differenti da quelle che valgono per tutti i buoni “commerciali” del settore; perché il buyer è, a tutti gli effetti, un addetto commerciale: deve essere aggiornato sulle tendenze di mercato e sulle quotazioni dei prodotti e fare le corrette previsioni; deve mantenersi in linea con i prezzi dei competitors e capire quali assortimenti e referenze sono più attrattive per la propria fascia di clienti, ovvero i consumatori finali. Deve rendere conto alla direzione commerciale delle scelte operate nell’individuare i fornitori e quando il controllo qualità dei CE.DI respinge la merce, deve renderne conto all’intera filiera.
Non per ultimo – e questo vale soprattutto per le insegne di maggiori dimensioni – trovare i volumi di merce necessari e garantiti da tutte le certificazioni, diventa una sfida dall’esito sempre meno scontato: le criticità di settore riducono il numero degli attori e concentrano la produzione nelle mani di grossi gruppi che hanno una forza contrattuale maggiore rispetto ai piccoli produttori.
La vera sfida del buyer, quindi, non è più “strappare” il prezzo migliore, ma garantire le quantità, la qualità e il rispetto dei valori di equità sociale e ambientale per le referenze sotto la sua responsabilità. Cosa non da poco.
Il buyer, come anello della catena di fornitura, fa parte di un sistema volto a creare valore per i consumatori e a tal fine i produttori sono i migliori alleati di cui dispone: questo, primariamente, deve avere bene in mente ogni aspirante buyer.
*ex buyer
LA SPREMUTA DEL DIRETTORE
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