MELONI MARCHIATI A LASER: LA SFIDA DI ZERBINATI

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Alta tecnologia e ritorno alle tradizioni. Succede nel Mantovano, nel triangolo d’oro del melone, dove una macchina laser marchia a fuoco i frutti per evitare i falsi d’autore mentre nei campi si utilizzano soltanto prodotti naturali. Una filosofia che Oscar Zerbinati, 27 anni e un "premio innovazione" ricevuto da Coldiretti, ha fatto propria.

In dodici anni, a fianco del padre Tonino, ha fatto di un’azienda familiare un’industria da 3 milioni di euro di fatturato e cento operai impiegati. Non ci aveva mai pensato nessuno. A raccontare la storia dell’impresa lombarda è il quotidiano Il Giorno.

Sorride e si stringe nelle spalle, Zerbinati, perché il suo è il segreto di pulcinella. L’ingrediente magico, dice, è il fertilizzante naturale. E piante che, su quindici frutti, ne portano a maturazione soltanto quattro. Il resto è biomassa per i generatori. Il volume del raccolto diventa risibile, visti i duecento ettari di estensione delle serre dovrebbe essere sette volte tanto, ma i guadagni parlano da sé. Mentre infatti il melone industriale finisce sul mercato anche a 40 centesimi al chilogrammo, quelli di Zerbinati dopo gli anni passati in cui hanno sforato anche i 2,50 euro, congelano il crollo delle quotazioni a quasi due euro. E lo fanno su mercati d’eccezione: da Berlino a Londra passando per Parigi, dove gli imprenditori di Sermide hanno scalzato dal trono di produttore di qualità un gigante le cui valutazioni si fermano ad un euro di distanza. Senza disdegnare però il mercato nazionale, dove il colosso del gelato Grom ha fatto dei frutti mantovani uno dei gusti di tendenza.

Con il rilancio, gli Zerbinati sigillano le ferite dei meloni con ceralacca. Migliora la qualità, e l’immagine va di conseguenza. Tempo qualche mese e in azienda arrivano commenti poco entusiasti da zone del Sud mai servite. Dalla Sicilia finiscono sul mercato cassette contraffatte. La soluzione è il prototipo da 200mila euro di una macchina laser che marchia con un codice unico ogni melone. Sul sito dell’azienda è possibile risalire al momento della raccolta di ogni frutto, e al trattamento agronomico che ciascun pezzo ha subito. Il fatturato esplode. Al melone si affiancano angurie e zucche. Queste ultime essiccate prima della vendita. "Perdiamo peso, ma il gusto ne guadagna", dice Zerbinati. "Ma nemmeno qui abbiamo inventato qualcosa: lo faceva già mio nonno". Quasi desolato lo ripete: "Non lo hanno capito: mentre tutti gli imprenditori, anche qui vicino, si impegnano nella quantità, a fare la differenza è la qualità". (Fonte: Il Giorno)

 

Nella foto, da sinistra Oscar e Tonino Zerbinati

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